Con l’operazione della D.I.G.O.S. sospesi anche 9 professori dell’Ateneo catanese e indagati 40 docenti di 14 Università italiane.
Un terremoto ha scosso dalle fondamenta ai vertici l’Università di Catania: stamattina la Procura Distrettuale della Repubblica ha delegato infatti alla Polizia di Stato l’esecuzione di un’ordinanza applicativa della misura interdittiva di sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio, emessa il 18.6.2019 dal G.i.p. del Tribunale di Catania a carico di:
Francesco BASILE (cl.1955), Rettore dell’Università di Catania;
Giacomo PIGNATARO (cl. 1963), già Rettore dell’Università di Catania;
Giancarlo MAGNANO SAN LIO (cl. 1963), Prorettore dell’Università di Catania;
Giuseppe BARONE, inteso Uccio (cl. 1947), ex Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania;
Michela Maria Bernadetta CAVALLARO (cl. 1962), Direttore del Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania;
Filippo DRAGO (cl. 1954), Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche dell’Università di Catania;
Giovanni GALLO (cl. 1962), Direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Catania;
Carmelo Giovanni MONACO (cl. 1963), Direttore del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania;
Roberto PENNISI (cl. 1960), Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania;
Giuseppe SESSA (cl. 1953), Presidente del coordinamento della Facoltà di Medicina dell’Università di Catania.
Sono tutti ritenuti responsabili di associazione a delinquere nonché, a vario titolo, di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, abuso d’ufficio e truffa aggravata.
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Il provvedimento interdittivo è stato emesso sulla base di indagini coordinate dalla Procura Distrettuale di Catania ed eseguite dalla D.I.G.O.S. – Sezione Investigativa – dal giugno 2016 al marzo 2018.
L’attività investigativa, condotta con l’ausilio di presidi tecnici e con servizi di tipo tradizionale, avrebbe svelato l’esistenza di un’associazione a delinquere, con a capo il Rettore dell’Università di Catania Francesco BASILE e di cui sarebbe stato promotore il suo predecessore Giacomo PIGNATARO, finalizzata a commettere un numero indeterminato di reati volti ad alterare il naturale esito dei bandi di concorso per:
– il conferimento degli assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca;
– l’assunzione del personale tecnico-amministrativo;
– la composizione degli organi statutari dell’Ateneo (Consiglio d’Amministrazione, Nucleo di Valutazione, Collegio di Disciplina);
– l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti universitari.
Su quest’ultimo aspetto il sistema delinquenziale secondo gli inquirenti non sarebbe ristretto all’Università etnea ma si estenderebbe ad altri Atenei italiani, i cui docenti, nel momento in cui sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sarebbero sempre preoccupati di ‘non interferire’ sulla scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente, favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole.
Nel procedimento sono iscritti complessivamente 40 professori delle Università di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona, nei confronti dei quali il gip ha riconosciuto l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza.
Le indagini hanno documentato l’esistenza di un vero e proprio codice di comportamento “sommerso” in ambito universitario secondo il quale gli esiti dei concorsi sarebbero predeterminati dai docenti interessati, non lasciando nessuno spazio a selezioni meritocratiche, e nessun ricorso amministrativo sarebbe potuto essere presentato contro le decisioni degli organi statutari.
Le regole del codice avrebbero avuto, inoltre, un preciso apparato sanzionatorio e le violazioni sarebbero state punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico.
Dalle intercettazioni telefoniche sono emerse anche le raccomandazioni dei sodali di “non parlare” telefonicamente o dalla volontà palesata di effettuare delle preventive “bonifiche” degli Uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e accertamenti nei loro confronti.
In conclusione, l’operazione della Polizia di Stato, ha consentito di accertare l’esistenza di 27 concorsi che sarebbero stati truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore.