Cucina: il gastronomo educato vi mette tutti a tavola. Oggi “U sugu”.
“U sugu”
Qualcuno dei miei affezionati lettori mi ha fatto pervenire delle garbate critiche sul fatto che, durante le feste carnascialesche, avrei tralasciato di trattare i piatti tipici del Carnevale per soffermarmi sui carciofi.
Ed è stato persino insinuato ch’io non conosca il classico piatto catanese del giovedì grasso, vale a dire i “maccarruna a cincu purtusa co’ sugu” (maccheroni con cinque buchi al sugo di carne), un piatto tradizionale che, come diceva il mio giovane amico Salvo, si caratterizza per l’aspetto del condimento, il sugo appunto, che deve essere “niuro e lucidu” (nero e lucido, riferendosi al colore scuro dato dal concentrato di pomodoro e dal vino rosso e alla patina di grasso e olio che a fine cottura vi stagnava sopra conferendogli il caratteristico aspetto).
Faccio ammenda, anche se osservo che sarebbe stato troppo banale parlarne in occasione del carnevale, e vengo alla ricetta del sugo. A Catania i condimenti rossi della cucina tradizionale sono essenzialmente due: “a sarsa” (la salsa di pomodoro fresco con aglio e basilico, condimento d’elezione per la pasta cosiddetta alla “Norma”) e “u sugu”, che prevede vari tipi di carne cotti con cipolla e concentrato di pomodoro. Il termine catanese per il concentrato è “astrattu”, con una tipica apparente inversione di significato per un prodotto che riduce all’essenza il pomodoro, privandolo dell’acqua, salandolo e prosciugandolo. Ma “astrattu” non significa astratto, bensì estratto, allo stesso modo in cui a Catania l’essenza viene definita come “assenza”.
Come stava scritto nel famoso elenco degli ingredienti del gelataio catanese che vantava la presenza di vera frutta nel suo gelato di fragola, la composizione era: fragola e “assenza” di fragola. Cosicché, in termini filosofici, si potrebbe dire che a Catania la sostanza o quintessenza consiste nella sua assenza, ovvero che l’essere coincide con il nulla.
Ma veniamo adesso alla ricetta del sugo, un piatto per stomaci forti, pensato ai tempi in cui il duro lavoro manuale, soprattutto nei campi, richiedeva grandi quantità di energia, cibi ricchi di grassi e colesterolo, e che vi propongo in una versione per quanto possibile leggera e sgrassata.
Ingredienti per 12 persone
800 di carne di manzo per spezzatino
400 grammi di carne di maiale (spalla) tagliata a pezzetti per spezzatino
400 grammi di salsiccia di suino (con soltanto sale e pepe) di calibro grosso
olio d’oliva q.b.
concentrato di pomodoro o, in alternativa, passata di pomodoro siccagno di Sicilia
sale q.b.
zucchero q.b.
acqua q.b (se usate il concentrato)
un bicchiere di vino rosso (Nero d’Avola)
500 grammi di cipolle rosse di Tropea
se graditi, grani di pepe nero
caciocavallo ragusano stagionato grattugiato q.b.
Preparazione
In un ampio tegame antiaderente ponete a soffriggere con olio d’oliva la cipolla finemente tritata, fatela imbiondire e continuate a cuocerla a fuoco lento fin quando non sia ben morbida, eventualmente aggiungendo, di tanto in tanto, un po’ d’acqua.
Quando è sufficientemente morbida, toglietela con un ramaiolo facendo scolare l’olio nel tegame e ponetela in un piatto.
Ponete nel tegame la carne di manzo e di maiale tagliate a piccoli pezzetti, e fate rosolare ben bene la carne da tutti i lati, facendo asciugare il liquido che si produce durante la rosolatura.
Quando è ben rosolata toglietela dal tegame con un ramaiolo, scolandola ben bene dal grasso e dall’unto e ponetela nello stesso piatto con la cipolla. Togliete tutto l’olio dal tegame e ponetevi di nuovo cipolla e carne.
Fate rosolare insieme, e aggiungete il bicchiere di Nero d’Avola sfumandolo del tutto.
A questo punto aggiungete la passata di pomodoro siccagno (sconsiglio il concentrato se non l’avete fatto voi in casa. Quello che si trova in commercio, di produzione industriale, è in massima parte di dubbia provenienza. Se lo usate fatelo comunque soffriggere con la carne e la cipolla prima di sfumare con il vino, e successivamente aggiungete l’acqua). Se vi piace insaporirlo con il pepe, mettete i grani di pepe dentro una garza e chiudeteli legandola, e fateli cuocere per la prima ora di cottura o fino a quando il sugo di cottura sarà abbastanza liquido; poi toglieteli.
Fate cuocere fino a quando il sugo non avrà raggiunto la densità desiderata, considerando che la carne si deve sfaldare facilmente e contribuire così ad addensare il sugo.
Mentre il sugo cuoce, provvedete a sgrassare la salsiccia.
Ponetela in una padella che la contenga appena, aggiungete dell’acqua che arrivi a metà della sua altezza e fatela bollire.
Quando l’acqua si sarà ridotta alla metà, con uno stecco di legno da spiedino e avendo cura di proteggervi con un coperchio dagli schizzi, punzecchiatela in più punti, in modo da far fuoriuscire il grasso, poi giratela.
Ripetete la punzecchiatura anche da quest’altro verso e fate asciugare quasi del tutto l’acqua.
Toglietela dalla padella facendo scolare il grasso, tagliatela a pezzetti (e se vi riuscite togliete il budello) e aggiungetela al sugo negli ultimi 15 minuti di cottura.
A fine cottura aggiustate di sale, e, se il sugo è ancora acidulo, equilibratelo con un po’ di zucchero. Questa preparazione serve a togliere gran parte del grasso dal sugo (che sarà quindi sufficientemente “niuru”, ma non “lucidu” secondo i desiderata del mio giovane amico Salvo) e a rendere il tutto più digeribile.
Condite i maccheroni (se non trovate quelli a “cincu purtusa” utilizzate quelli di calibro grosso perché il condimento con carne e salsiccia possa entrarvi dentro, o in alternativa i paccheri) e aggiungete del caciocavallo ragusano grattugiato.
Con questo sugo si fa anche dell’ottima pasta al forno, ma sarà l’argomento della prossima puntata. Intanto buon appetito, ma se non volete infrangere i divieti della Quaresima, aspettate che arrivi Pasqua e mangiate di magro!
Qui le ricette precedenti
Carciofi a spezzatino e in fricassea
- Posted by Redazione
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