Educazione sessuale a scuola. Perché fa paura
Proseguono i casi di cronaca in cui genitori o docenti si oppongono ai progetti in classe. Il parere della psicoterapeuta esperta in sessuologia.
di Elisa Catanzaro
È di questi giorni l’ennesima levata di scudi da parte dei genitori contro le ore di educazione sessuale a scuola.
L’ultimo caso in ordine di tempo, è quello di una scuola del cuneese, dove 250 firme hanno sostenuto una petizione per bloccare lezioni o progetti sull’affettività che “nasconderebbero attività di promozione della cosiddetta teoria gender”, come riporta La Stampa.it.
Ma appena qualche giorno prima in Sardegna un docente di religione è finito nella bufera per aver consigliato la lettura di due libri considerati inadatti dai genitori. Questi ultimi si sarebbero rivolti al vescovo di Nuoro schieratosi poi contro il professore, come riportano il Fatto Quotidiano e La Nuova Sardegna. A Trento, invece, racconta sempre Il Fatto, un’insegnante “di fronte a un progetto sull’affettività promosso dalla scuola, ha fatto obiezione di coscienza e ha scritto una lettera ai genitori”.
Perché queste reazioni?
Stando al rapporto “Policies for Sexuality Education in the European Union” del 2013, pubblicato dal Dipartimento Direzione generale per le politiche interne del Parlamento Ue, «gli esperti hanno affermato […] che un’educazione sessuale insufficiente porta a un aumento del tasso di gravidanze in età adolescenziale e a una maggiore quantità di persone che soffrono di AIDS e malattie sessualmente trasmissibili». Per poi continuare con “l’educazione sessuale dei giovani deve essere considerata come uno strumento appropriato per prevenire questi effetti negativi” (Fonte Valigia Blu).
Dove sta allora il problema, se insegniamo ai nostri figli come non avere gravidanze indesiderate e sottrarsi al rischio di malattie? Com’è possibile che genitori anche affettuosi, attenti e socialmente e culturalmente elevati, si ergano così strenuamente contro una materia che, nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea, è obbligatoria?
Abbiamo chiesto alla psicoterapeuta esperta in sessuologia, Cristiana Bonaffini,
di aiutarci a trovare delle risposte.
Dott.ssa Bonaffini perché fa così paura parlare di sessualità a scuola?
I bambini e i ragazzi non vedono l’ora di ricevere delle informazioni sessuologiche già a partire dalle elementari, ma spesso sono alcuni adulti che temono questi momenti, anche a causa delle parole che saranno utilizzate. C’è un malinteso a monte, causato da un tabù. Il piacere, soprattutto in una società cattolica come la nostra, crea imbarazzo, viene associato alla malizia, quindi essendo un tabù per l’adulto, nel parlare si rischia di comunicare la propria vergogna.
E perché invece è così importante parlarne, oltre che per le ragioni citate dal rapporto “Policies for Sexuality Education”?
Perché è necessario dare ai bambini degli strumenti per costruirsi, per affrontare le difficoltà della vita, per conoscersi e non “subirsi”. Accompagnare un essere umano nella dimensione affettiva e sessuale è compito della società, prima di tutto e di ogni adulto che si relaziona nel mondo. Educare alla Sessualità implica educare all’Affettività, al rispetto di sé e dell’altro da sé.
Implica l’acquisizione di una consapevolezza emotiva e psicosomatica che troppo spesso viene trascurata nella fretta di vivere in superficie.
Se il timore dei genitori è quello di non trovare le parole giuste per parlarne o di trasferire le proprie vergogne, dovrebbero essere lieti di mettere l’argomento nelle mani di un esperto. Perché invece questo non avviene?
Perché con le mie spiegazioni e le mie risposte metto il genitore davanti a un argomento che teme di non sapere affrontare. È come se scoperchiassi un vaso: quando dico che la sessualità non deve essere un tabù e ne parlo con naturalezza, creo per molti una realtà poi difficile da gestire a casa.
Quale è stata la sua esperienza nelle scuole del territorio?
Ho trovato risposta maggiore negli ambienti in cui il senso di colpa è meno associato alla sessualità. Le famiglie più abituate ad affrontare, ad esempio, gravidanze in età scolare, riescono a comprendere meglio il concetto che nasciamo sessuati e continuiamo a vivere sessuati per tutta la vita.
Purtroppo adesso che le scuole hanno meno fondi scelgono sempre più raramente di dedicarli a progetti sull’educazione sessuale.
Considerati dunque i tabù e i timori dei genitori nell’affrontare la questione, qual è invece la modalità adatta per farlo?
Bisogna partire appunto dal pensiero che la sessualità è parte integrante della vita di tutti noi che è un comportamento psicosomatico che ci accompagna tutta la vita. Dobbiamo però trasferire ai piccoli uomini e alle piccole donne il messaggio che deve essere vissuta sempre in una sfera di affettività, intimità e rispetto.
E riguardo alle parole da usare?
Bisogna rivolgersi loro usando senza timore i termini scientifici, imparando a capire che non c’è niente di volgare nel parlare di sessualità, tanto più che si può farlo associandolo appunto sempre all’aspetto affettivo.
Come è cambiato nel tempo l’approccio alla materia?
All’inizio degli anni ’90, quando ho iniziato il mio percorso, era entrato da poco in Italia, nella Facoltà di Psicologia alla Sapienza di Roma, l’insegnamento di sessuologia, che fu introdotto grazie alla giovane e brillante ricercatrice Chiara Simonelli, oggi presidente dell’European Federation of Sexuology. Da allora grandi passi in avanti sono stati fatti, le società scientifiche si sono riunite, la sessuologia è entrata a pieno titolo nel concetto di salute. È stato tolto dal Dsm (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ndr) il concetto di omosessualità come patologia e adesso viene considerato invece come orientamento sessuale.
C’è però un problema con la diffusione di materiale relativo alla sessualità ma di tipo pornografico. Questo confonde la reale percezione del concetto, scatenando ulteriori malintesi, stereotipi tabù, pregiudizi se non accompagnato da una corretta informazione.
E a questo dedicheremo una prossima intervista.
Intanto vediamo qui come si orientano gli Stati europei rispetto all’insegnamento dell’educazione sessuale e le le linee guida dell’OMS.
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