Carceri: il potere dell’arte. Un narcotrafficante nei panni di Telford Taylor.
È stato accolto con grande entusiasmo dai detenuti della Casa di Reclusione di Augusta il progetto che prevede, al termine di un laboratorio di letteratura e teatro, la messa in scena di Effatá, il romanzo di Simona lo Iacono.
“I bambini le chiedevano questo” e con la mano indica il grande tavolo attorno al quale in 12 assieme a lui sono stati fino a quel momento seduti ad ascoltare, “proprio questo che sta succedendo qui oggi”.
A parlare é F. B., 53 anni, detenuto nella Casa di Reclusione di Augusta con una condanna pesante che, dopo le spiegazioni della scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono, ha dato la sua personale interpretazione del sogno che ha spinto l’autrice a realizzare il romanzo “Effatà”.
Il testo è infatti al centro del programma di lettura “Read and Fly” una delle attività organizzata all’interno del carcere grazie alla sensibilità del direttore Antonio Gelardi e che prevede al termine di una serie di incontri preparatori, la messa in scena del romanzo da parte degli stessi detenuti.
Nel corso del primo appuntamento l’autrice ha dunque spiegato come la storia, che intreccia due piani narrativi accomunati dal tema della sordità e dal dramma dell’Olocausto, sia stata ispirata da un sogno in cui le apparvero due bambini sordomuti. “Capivo che mi stavano domandando qualcosa, e mi svegliai molto turbata” – ha raccontato ai carcerati. “Il giorno dopo, lavorando a una questione di diritto internazionale, scoprii l’esistenza di un bambino, morto in seguito ai programmi di eugenetica voluti dal führer un mese dopo la scomparsa di Hitler. La prima cosa che ho pensato è ‘si sarebbe potuto salvare’ e da qui è nata la voglia di restituirgli la dignità del ricordo attraverso le pagine del mio libro”.
“Con queste cose Dio ti paga, perché l’uomo invece non ce la fa” ha detto in italiano stentato un altro detenuto, uno straniero, al termine del racconto del sogno.
Un gruppo dunque abbastanza affiatato (anche se la composizione potrebbe mutare, spiegano dalla Casa di Reclusione “qualcuno potrebbe uscire e altri potrebbero arrivare”) e sicuramente molto reattivo ha accolto la partenza del progetto teatrale.
“Teniamo molto all’attività espressiva all’interno del carcere, ha affermato il direttore Gelardi nella sua introduzione all’incontro, e cerchiamo di espanderla a quante più persone possibile proprio perché crediamo al suo potere liberatorio”.
Il corso è partito nel novembre 2013, come spiegato dall’ideatrice e curatrice di “Read and Fly” Michela Italia, e al suo interno sono stati affrontato testi importanti come Shakespeare e Wilde.
Adesso c’è una nuova sfida per questi uomini che, qualunque sia il tipo di reato per il quale sono stati condannati, stanno pagando la propria colpa alla società: calcheranno le scene vestendo i panni di personaggi del tutto diversi da loro, un impegno che li aiuterà anche ad affrontare la lunga permanenza all’interno dell’istituto di detenzione.
“Ho scelto di lavorare su questo libro invece che su altri, ha spiegato la Lo Iacono ai detenuti, perché é un libro che parla di colpa e di redenzione, e perché rappresentando uno dei sottoprocessi di Norimberga, quello ai dottori, vi darà la possibilità di vivere un vero e proprio ribaltamento dei ruoli. Ed è proprio questo scambio di visioni della vita che è sempre fonte di una grande crescita spirituale”.
A questo punto la scrittrice ha cominciato a suddividere le parti da interpretare e, ispirata dalla particolare verve oratoria di uno dei partecipanti, gli ha affidato quella di Telford Taylor, il pubblico ministero americano nel processo contro i gerarchi nazisti.
L’uomo (condannato per narcotraffico internazionale), ha allegramente commentato: “Certo che la vita è strana, mai avrei potuto immaginare di fare il Pm”.
L’appuntamento è adesso per il prossimo mese quando i detenuti, dopo aver letto il libro ed essersi documentati sul materiale audiovideo relativo, affronteranno la sceneggiatura.
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