My racket: le pretese del presidente dell’associazione alle vittime di estorsione
Avrebbe richiesto tra il 3% e il 5% del beneficio concesso dalla legge. Intanto si appropriava dei fondi associativi per oltre 70.000 euro.
Avrebbe utilizzato l’Associazione A.SI.A. per l’esclusivo perseguimento di un utile economico personale, in danno sia delle vittime dei reati sia dello stesso ente, privato delle risorse necessarie per il perseguimento dei propri fini.
È per questo che, su delega della Procura della Repubblica, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un’ordinanza del G.I.P. etneo di applicazione degli arresti domiciliari nei confronti di Salvatore CAMPO (classe 1943), presidente dell’Associazione Siciliana Antiestorsione (A.SI.A.), indagato per estorsione continuata, peculato e falso ideologico.
Con lo stesso provvedimento cautelare, è stato disposto anche il sequestro preventivo di circa 37.000 euro per l’appropriazione di fondi pubblici erogati all’Associazione antiracket A.SI.A dalla Regione siciliana, vincolati al perseguimento degli scopi dell’Ente stesso, distratti dall’indagato per finalità personali.
L’attività investigativa delle Fiamme Gialle di Catania è scaturita da un’attività di monitoraggio delle associazioni e organizzazioni antiracket e antiusura operanti nel territorio di competenza nonché dall’esame di esposti presentati presso la Procura della Repubblica locale da associazioni operanti nello stesso contesto assistenziale.
Le investigazioni dei militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania, consistite nell’effettuazione di intercettazioni telefoniche, ambientali, videoriprese, escussioni testimoniali e accertamenti bancari delegati dall’A.G. etnea, hanno consentito di delineare un quadro indiziario grave nei confronti di CAMPO, il quale avrebbe costretto le vittime di fatti di criminalità organizzata, usura ed estorsione, che si rivolgevano all’associazione a consegnargli somme in denaro in misura proporzionale ai riconoscimenti di legge (Legge n.44/1999, “disposizioni concernenti il fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura”).
L’Associazione Siciliana Antiracket, recita lo Statuto, è nata nel 2008 per “esercitare una costante azione di stimolo e nei confronti dell’opinione pubblica e nei confronti di tutte le Autorità costituite affinché il problema dei delitti di estorsione e di usura vengano considerati primari ed essenziali non solo per le categorie che li subiscono ma anche per l’intera comunità che direttamente da tali delitti viene gravemente danneggiata. L’associazione non ha carattere di lucro, e l’attività è finanziata da contributi associativi, oblazioni volontarie, sovvenzioni pubbliche e l’eventuale residuo dovrà essere devoluto a favore delle imprese vittime”.
Invece, secondo i finanzieri, CAMPO, nell’esercizio delle attività dell’Associazione, anziché perseguire le finalità a carattere assistenziale e sociale in favore delle vittime le avrebbe assoggettate, subordinando il sostegno dell’associazione – specificatamente nella predisposizione delle istanze di accesso ai benefici di legge – all’accoglimento delle proprie pretese economiche, oscillanti tra il 3% e il 5% del beneficio concesso dalla legge.
Dalle indagini risulta che le indebite richieste venivano avanzate sia per avviare l’iter procedurale per il riconoscimento del risarcimento che prima del riconoscimento delle somme erogate dallo Stato. Qualora l’associato/vittima non aderisse alle richieste di denaro, CAMPO avrebbe assunto atteggiamenti intimidatori, giungendo all’abbandono del sostegno assistenziale. Le dazioni illecite, tra l’altro sancite anche in scritture private non registrate, sarebbero avvenute in denaro contante o attraverso versamenti bancari qualificati apparentemente come contributi volontari.
Secondo gli investigatori l’attività illecita del presidente dell’Associazione Antiracket è stata riscontrata in tre distinti episodi:
– nel primo, un soggetto (gestore di una libreria) vittima di estorsione e usura ha rifiutato di assecondare le pretese di denaro formulate da CAMPO, che chiedeva la corresponsione del 3% della somma che lo stesso avrebbe percepito quale ristoro di legge, prospettando al soggetto estorto le inevitabili lungaggini burocratiche cui sarebbe incappato se non si fosse avvalso del suo intervento;
– nel secondo, CAMPO ha ottenuto dai familiari di una vittima della criminalità organizzata – che avevano assistito all’omicidio del loro familiare – una busta contenente 1.500 euro in contanti senza i quali avrebbe di fatto interrotto la sua assistenza a favore delle vittime per il riconoscimento degli ulteriori benefici di legge spettanti;
– nel terzo caso, vittima un cittadino straniero (titolare di un Bar) costretto a versare a CAMPO 3.000 euro in contanti per il timore, indotto da atteggiamenti intimidatori, di non essere adeguatamente seguito nel disbrigo delle pratiche necessarie per ottenere il saldo del risarcimento spettante.
In più in una circostanza, CAMPO avrebbe consigliato a un associato/vittima di farsi attestare da un medico compiacente una falsa patologia al fine ottenere illegittimamente un maggior ristoro dallo Stato.
L’analisi degli estratti bancari ad opera dei Finanzieri del Gruppo Tutela Economia del Nucleo PEF di Catania ha evidenziato un utilizzo personale dei fondi dell’associazione da parte del CAMPO, mediante l’emissione di assegni circolari poi cambiati per cassa dallo stesso indagato o fatti confluire in conti personali o per il pagamento di spese non attinenti agli scopi dell’associazione.
In altre parole, CAMPO ha utilizzato a fini personali il conto corrente intestato all’associazione, nel quale affluiscono oltre ai contributi riconosciuti dalla Regione siciliana anche contributi volontari che dovrebbero essere vincolati al raggiungimento degli scopi statutari.
Dagli accertamenti bancari eseguiti, è emersa un’appropriazione complessiva dei fondi associativi di oltre 70.000 euro. Solo una parte degli stessi (circa 37.000,00 euro) è riferibile ai fondi pubblici, per i quali il G.I.P. ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto delittuoso.