L’amministratore della società secondo le Fiamme gialle avrebbe trasferito la somma dai conti aziendali a quelli personali.
Bancarotta fraudolenta, truffa e falso. Questi i reati contestati a Santo Campione (classe 1948), amministratore pro tempore della Sigenco S.p.A., e al figlio Pietro (classe 1978).
La società – che operava nella realizzazione di grandi opere infrastrutturali –il 21 novembre del 2013 era stata inizialmente dichiarata fallita dal Tribunale di Catania, con una posizione debitoria di circa 100 milioni di euro; poi era stata riammessa alla procedura di concordato preventivo con sentenza della Corte d’Appello di Catania.
L’attività investigativa, condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, è stata avviata in seguito ad alcune “segnalazioni di operazioni sospette” trasmesse dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia nei confronti del Campione, in cui erano evidenziati flussi finanziari anomali, diretti dai conti correnti societari a rapporti bancari intestati allo stesso amministratore e ai suoi più stretti familiari.
I finanzieri hanno quindi ricostruito il percorso delle somme che sarebbero sottratte alla società e ai suoi creditori e incassate indebitamente da Campione, e segnalato all’Autorità Giudiziaria catanese le ipotesi di reati fallimentari.
I militari infatti hanno rilevato ingenti trasferimenti di capitali dalla SI.GEN.CO. S.p.A. a Santo Campione e al figlio Pietro, sia direttamente che attraverso la SIGENCO SERVICE S.r.l. (Una società recentemente fallita, operante nella fornitura di calcestruzzo e appartenente allo stesso gruppo).
In particolare, secondo i finanzieri, le operazioni attraverso cui sono stati fatti fuoriuscire i soldi dalla società si sono sviluppate essenzialmente secondo le seguenti modalità:
• 1 – Trasferimenti dalla SI.GEN.CO. S.p.A. alla SIGENCO SERVICE S.r.l. e da questa alla famiglia Campione (secondo lo schema 1 in foto).
Nei mesi di novembre e dicembre 2012 sono infatti stati emessi diversi assegni ed effettuati bonifici dai conti correnti della Prima in favore della seconda per complessivi 2,7 milioni di euro, emettendo fatture per forniture di calcestruzzo. Ma queste movimentazioni finanziarie, avvenute in epoca appena successiva alla presentazione dell’istanza di concordato preventivo da parte della SI.GEN.CO. S.p.A., non erano state autorizzate dal Tribunale Fallimentare di Catania e erano state qualificate come “atti in frode” dei creditori.
Successivamente, nei primi giorni di gennaio 2013, con parte del denaro proveniente dai suddetti trasferimenti, sono stati effettuati due bonifici dai conti correnti della SIGENCO SERVICE S.r.l. con la causale “acconto acquisto azioni”, per un 1 milione di euro, su un conto intestato a Santo Campione e che sono poi transitati, nello stesso mese, su un conto corrente intestato al figlio Pietro;
• 2 – Trasferimenti da SI.GEN.CO. S.p.A. a Santo Campione e da questi a Pietro Campione (schema 2) .
Parallelamente, è stato accertato che, nel mese di novembre 2012, solo pochi giorni prima della presentazione della proposta di concordato, sono confluiti su un altro conto corrente bancario intestato a Santo Campione 3 bonifici disposti dalla SI.GEN.CO. S.p.A. per un totale di 700 mila euro.
I soldi sono stati poi integralmente trasferiti, tramite bonifico, su un conte corrente acceso dal figlio Pietro, con la causale “prestito a titolo grazioso”.
Stamattina i finanzieri del Comando Provinciale di Catania, coordinati dal gruppo per i “reati contro la criminalità economica” della Procura della Repubblica, hanno quindi dato esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo, disposto dal G.I.P. del Tribunale etneo, nei confronti di Campione, per aver sottratto al patrimonio della società risorse economiche quantificate, allo stato, in 3,4 milioni di euro.
L’esecuzione del provvedimento di sequestro preventivo ha consentito di accertare che le somme di denaro distratte sono state, in buona parte, utilizzate per spese sia personali che relative ad altre società riconducibili alla famiglia Campione. Sono, invece, rimasti nella disponibilità della famiglia Campione e sottoposti a sequestro:
400 mila euro, in polizze assicurative intestate a Pietro Campione;
600 mila euro, giacenti su due rapporti bancari intestati alla moglie di Santo Campione.