Ma Bellini si chiamava Massimo?
6 Il pirata innamorato.
Come si diceva, Gualtiero è innamorato di Imogene. (Per leggere la 5ª puntata con la prima parte della trama de Il pirata clicca qui https://www.cataniapubblica.tv/musica-dissertazioni-a-cura-di-fidelio-5-puntata-del-viaggio-con-bellini/)
E a questo punto, se vogliamo capirci qualcosa, dobbiamo considerare l’antefatto.
La succitata Imogene era, da bravo soprano, innamorata del tenore. Il quale purtroppo era seguace di Manfredi, figlio illegittimo del grande Federico nonché ultimo re di Sicilia della fugace stirpe normanno-sveva. Ricordiamo en passant che Federico II, re di Sicilia, re di Germania e dei romani (cioè imperatore), re di Gerusalemme, poeta e protettore di poeti, curioso di tutte le discipline del suo tempo compresa l’astrologia, autore di un trattato sulla falconeria, pupillo di pontefici eppure due volte scomunicato, per gli amici stupor mundi – tra l’altro conosceva non so quante lingue – era figlio della normanna Costanza d’Altavilla malmaritata a Enrico VI di Svevia, e quindi nipotino di Federico Barbarossa.
Pur se nato a Iesi, la sua corte la teneva nell’amata Palermo e sotto il suo regno la Sicilia visse un’epoca di splendore come, ahimè, mai più conoscerà.
Per chiudere la parentesi storica diciamo che la discendenza di Federico si estinse poi definitivamente con la decapitazione, a opera di Carlo d’Angiò, del sedicenne Corradino, figlio di Corrado IV a sua volta figlio di Federico, e, se vogliamo, il legittimo erede era lui.
Insomma, il biondo Manfredi nel 1266 viene sconfitto da Carlo, la Sicilia cade sotto il dominio francese e Gualtiero continua la sua guerra personale come pirata.
E Imogene? Imogene, poveretta, nel frattempo è stata costretta a sposare il “vile Ernesto” duca di Caldora – ovviamente di parte angioina e antico rivale, in politica come in amore, di Gualtiero, anzi è stato proprio lui a sconfiggerne le navi in battaglia. Siccome poi son già passati alcuni anni, hanno fatto pure in tempo a scodellare un bebè.
Di tutto ciò, in mancanza di adeguati mezzi di comunicazione, Gualtiero non sa nulla e può attaccare col suo “Nel furor delle tempeste, nelle stragi del pirata, quell’immagine adorata si presenta al mio pensier” et cetera, per concludere “la mia vita ormai dipende da Imogene e dall’amor”. Ruolo impervio, quello di Gualtiero, trovatemi un tenore che lo sappia far bene, non ce ne sono più di Rubini a questo mondo.
E comunque mi tocca fare un’altra digressione, se mi voglio far capire.
Le parti affidate ai solisti, secondo lo schema tradizionale in vigore circa sino a metà Ottocento, sono solitamente articolate in tre sezioni.
La prima costituisce l’elemento narrativo ed è il recitativo (nel nostro caso, “Io vivo ancor… Di mia vendetta…”), cioè si canta, ma si imita in qualche misura il parlato.
La seconda è l’aria (“Nel furor delle tempeste”) dove si canta davvero, effondendo in genere amorosi e melodiosi sensi (anche se già qui Bellini dimostra di non essere affatto languido). Tra l’altro l’aria di sortita, cioè la prima affidata al cantante, è detta cavatina (“Casta Diva” è la cavatina di Norma, “Largo al factotum” è la cavatina di Figaro) ed era molto importante, perché serviva a presentare sia il carattere del personaggio sia le capacità del suo interprete.
La terza è la cabaletta (“Per te di vane lagrime”), di tempo più animato, in cui solitamente si esprime una volontà o quanto meno un’intenzione. Una famosa cabaletta, per esempio, è quella di Manrico nel verdiano Trovatore, “Di quella pira”.
Non necessariamente la cabaletta segue un’aria; prima può esserci una breve scena in recitativo con un altro personaggio oppure può esserci un duetto e così via. Parimenti, il nostro recitativo,”Io vivo ancor”, é nel libretto in dialogo col Solitario: insomma, le regole sono, fino a un certo punto, abbastanza elastiche.
Volete sentire il Gualtiero di Alfredo Kraus? E’ stato definito il tenore perfetto, ma a me non è mai piaciuto moltissimo; come direbbe Vincenzo, sei freddo… Inoltre non c’è la cabaletta, ma questo non è un gran danno, perché non è un brano memorabile. Comunque, questo ho trovato, quindi se volete, cliccate.
http://www.youtube.com/watch?v=d0k3VD6101A
Mentre facevo la mia lezioncina, è arrivata Imogene, venuta a soccorrere gli infelici (ehi, il soprano che mi fa bene Imogene sì che ce l’ho, e l’avete capito chi è).
Maria Callas nel ruolo di di Imogene. Teatro alla Scala, stagione 1957/58
Il Solitario, che di tutta la faccenda del matrimonio con conseguente figlio non ha detto una parola, si tira via Gualtiero, anche per timore che venga riconosciuto in terra nemica, proprio lì doveva andare a sbattere quella benedetta nave? Altra coincidenza.
E’ quindi Itulbo a rispondere alle domande di Imogene, la quale peraltro è più informata sulle faccende del suo ex e si mostra quindi molto interessata ad avere notizie sui pirati che corrono quelle acque.
Presa poi in disparte la sua damigella Adele (altro soprano), può attaccare a sua volta con “Lo sognai ferito esangue”. E noi ascoltiamo, cliccando
http://www.youtube.com/watch?v=5TYoJEFkjmo
In poche parole, ha sognato che Ernesto ha fatto fuori Gualtiero. Il quale Gualtiero dal suo nascondiglio la riconosce e manda uno strillo, pardon, esala un gemito. La bella chiede cos’è stato e Itulbo le impapocchia che si tratta di un poveretto che nel naufragio ha perso tutto.
Facciamo finta di crederci e chiudiamo, per adesso, qui. La passione tornerà ad esplodere? Si riuniranno gli amanti?
Fidelio vi dà appuntamento ad un’altra puntata.