Musica: dissertazioni a cura di Fidelio.
Pubblicato il: 2 August 2013 alle 2:05 pm
Ma Bellini si chiamava Massimo?
3 Ancora a Napoli, ma non per molto.
L’interno del Teatro San Carlo
Come si diceva, Adelson e Salvini fece apprezzare il talento del giovane compositore – ci ricordiamo che si chiamava Vincenzo, è vero? – e gli aprì le porte dello splendido Teatro di San Carlo.
Il Teatro San Carlo, foto di Antonella
Un anno dopo, cioè nel 1826, la nuova opera venne qui rappresentata con l’apporto di alcuni dei più illustri cantanti dell’epoca, il soprano Enrichetta Méric-Lalande, il tenore Giovanni Battista Rubini (nelle foto sotto), il basso Luigi Lablache.
Il titolo che toccò a questo secondo lavoro fu Bianca e Gernando, mentre in origine, in base al dramma di un tal Carlo Roti da cui era tratto, si sarebbe dovuto chiamare Bianca e Fernando. Il cambiamento di nome del secondo protagonista si rese necessario perché Ferdinando si chiamava il principino e non bisognava nominarlo invano. (Ferdinando II fu poi incoronato nel 1830 e dopo il 1848 divenne famoso, o meglio famigerato, come Re Bomba, in seguito al feroce cannoneggiamento dell’insorta Messina.)
Si ritornò al titolo originario nel 1828, in una nuova versione per l’inaugurazione del Carlo Felice di Genova, dove dei Borboni non gliene importava un fico secco.
Il libretto della Bianca napoletana è di Domenico Gilardoni, un autore che ha collaborato molte volte con Donizetti; per Genova, invece, furono aggiunti alcuni brani di nuova composizione e il libretto venne rielaborato da Felice Romani, ma di quest’ultimo avremo modo di riparlare tra breve.
Gli interpreti furono, in questa seconda occasione, altri illustri cantanti: Adelaide Tosi, Giovanni David, Antonio Tamburini.
Bozzetto di scena per l’edizione catanese del 1991
© E.A.R. Teatro Massimo V. Bellini.
Bianca e Gernando/Fernando sono fratelli, figli del duca di Agrigento – l’azione è ambientata nel XIII o XIV secolo. Il cattivo è un certo Filippo che, usurpato il ducato e messo in catene il legittimo duca, vuole mettere le manacce anche su Bianca, vedovella con un bimbo piccino. Fernando torna in patria travestito, accusa la sorella di tradire il padre trovandola sul punto di sposare Filippo, ma alla fine tutto si sistema e si salva pure il vecchio duca. Stranamente, non c’è una storia d’amore, se non fraterno e filiale.
Foto di scena dalla stessa edizione del 1991
© E.A.R. Teatro Massimo V. Bellini.
Inoltre, se volete ascoltare le grandi voci nel brano ritenuto più significativo di tutta quest’opera ancora immatura, ma in cui già si ricerca un rapporto più coerente tra testo e musica, potete trovare Mirella Freni e Renata Scotto – e non ho detto poco – nel duetto tra Bianca ed Eloisa “Sorgi o padre”: Bianca, turbata dall’incontro col fratello, che pure non ha ancora riconosciuto, invoca il padre, che ella crede morto, mentre l’amica Eloisa cerca di consolarla.
http://www.youtube.com/watch?v=Ad4nvphAUjg
L’esito dell’opera fece intuire al più famoso impresario teatrale del tempo, Domenico Barbaja, detto il Napoleone degli impresari, che da quel ragazzo si poteva cavare qualcosa di buono.
Non ci furono lunghi anni di apprendistato e di vagabondaggi per i teatri minori di tutta Italia, per Bellini. Forse il destino volle così, perché non ce ne sarebbe stato il tempo.
Infatti, con la prospettiva di un contratto, proprio grazie a Barbaja, il giovane musicista partì per Milano.
Era un passo molto lungo, era l’addio al sud, un tuffo nell’ignoto. Ma Bellini voleva tuffarsi; per poi nuotare sempre più lontano. Noi gli lasciamo il tempo di fare il viaggio.
Fidelio vi aspetta a settembre, alla Scala.
Bozzetto di Alessandro Sanquirico per l’edizione scaligera del 1829.
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