Successo per la presentazione dell’opera prima di Giuseppe Pelleriti. L’editore: “Prepariamoci a vedere un autore che lascia il segno”.
Un viaggio in un pezzo di storia di Centuripe, un libro bellissimo, un autore straordinario.
Sono solo alcuni dei commenti all’opera prima di Giuseppe Pelliriti intitolata “Il colpo di coda” e edito da ” Prova d’autore”, che è stata presentata nella corte del palazzo comunale del paese.
Coordinato dalla scrittrice e psicologa, Giulia Sottile, l’incontro ha visto in apertura l’intervento del sindaco Elio Galvagno, nipote di uno dei personaggi tratteggiati nel romanzo, che affonda le radici in una storia vera.
Il libro narra, infatti, di accadimenti che si svolgono nella Sicilia del secondo dopoguerra mettendo in scena vita e gesta di personaggi contrapposti in un’eterna lotta tra il bene e il male.
“Da lettore – ha detto il primo cittadino – sono rimasto affascinato dalla trama corale del racconto, storia di tanti siciliani che si trovano di fronte a un dilemma: diventare banditi o emigrare. L’uso del dialetto quale lingua degli affetti, la struttura narrativa molto fluida e originale, la capacità di tratteggiate il profilo psicologico dei personaggi attraverso le loro vicende, i loro amori, i loro successi, le loro sconfitte, fanno di questo libro un esperimento letterario molto ben riuscito”.
E proprio sulla componente dialettale del testo ha puntato l’attenzione il direttore della casa editrice Mario Grasso: “Il tipo di contaminazione dialettale che attua Pelleriti – ha detto – è diversa da quelle utilizzate da altri autori finora. Non solo perché utilizza un lessico prettamente locale, ma perché fa una cosa maliziossima che è quella di abituare il lettore di Bolzano, Torino, Venezia, a parlare in siciliano.
Con questo libro ci troviamo di fronte una sorpresa. Prepariamoci a vedere un autore che lascia il segno. – ha concluso”.
La presentazione è stata intervallata dalla lettura di due brani focali del testo, interpretati dagli attori Carmen Longo e Salvatore Cannio, infine è intervenuto il consigliere della Corte di cassazione Alessandro Centonze.
“Mario Grasso – ha detto – da grandissimo conoscitore della letteratura siciliana mi ha mandato questo romanzo essendo molto orgoglioso di questa sua scoperta. Fra le sue caratteristiche il libro ha una trama avvincente e intreccio narrativo che appassiona. Ma è la lingua, l’uso che fa del dialetto, la grande particolarità. Non è un linguaggio di tipo “camilleriano” rappresenta invece una sorta di subnarrazione interna realizzando un’operazione raffinata, con una lingua ricercata ma una narrazione molto facile e comprensibile. Inoltre – ha concluso – descrive un’area geografica pressoché sconosciuta e bellissima, ricostruita in modo mirabile”.
Intervenuto per i ringraziamenti finali, Giuseppe Pelleriti ha ricordato come la sua ricerca sui fatti, avvenuta inizialmente per interesse storico, “spulciando” i rapporti dei carabinieri dell’immediato dopoguerra, lo abbia poi portato con la fantasia a immaginare i pensieri e le suggestioni di quelli che sarebbero diventati poi i protagonisti del romanzo.
Ed è così che è nata la storia di Ciccio Dottori e dei suoi banditi.