Pubblicato il: 20 June 2014 alle 8:23 am
È giunto ormai quasi alla conclusione il progetto “Per un lavoro senza frontiere” realizzato da Acli Sicilia, insieme a Enaip e a Cospes, e che si è aggiudicato un bando regionale su finanziamento del Fondo sociale europeo.
Il progetto scommette sugli immigrati che arrivano in Italia per trovare lavoro, a volte perseguitati dalla guerra, altre volte per fame o anche solo per transitare verso altre mete europee.
“Per un lavoro senza frontiere” inoltre, spiegano gli organizzatori, non si occupa solo di formare i partecipanti, ma assicura loro un titolo valido e garantito, e in una certa misura, un rapporto di lavoro che avvii il loro nuovo curriculum. La figura prescelta è quella più utile in questo momento storico: il mediatore culturale, il migrante che aiuta altri migranti.
Ieri è stato il momento dei bilanci e i risultati del progetto sono stati illustrati all’Hotel Nettuno. Subito dopo i saluti di Franco Luca , presidente Acli Catania, sono intervenuti Marisa Acagnino , presidente della Sesta Sezione Civile del Tribunale di Catania, Fiorentino Alessandro Orazio Trojano , assessore al Welfare Comune di Catania, Paolo Trovato, direttore Centro per l’impiego di Catania. Ha concluso i lavori Santino Scirè , vicepresidente Acli nazionali e presidente Acli Sicilia. Stefano Parisi, presidente Acli Caltanissetta, Nicola Perricone, presidente Acli Agrigento, e Giuseppe Peralta, presidente Acli Trapani sono intervenuti per raccontare le fasi del progetto.
Per formare venti mediatori culturali sono state necessarie cinque tappe: la creazione di una rete di servizi, la selezione dei destinatari giusti, l’accompagnamento individuale e le work experience. Queste ultime sono delle vere e proprie esperienze di lavoro, distribuite tra sportelli immigrazione delle Acli dislocati tra Agrigento, Catania, Caltanissetta e Trapani , servizi pubblici connessi alla salute o alle materie fiscali.
Inoltre durante i venti mesi di formazione i corsisti hanno maturato un’indennità in corso di erogazione.
Scirè ha spiegato che solo una piccola parte del percorso è stata dedicata alla formazione teorica, mentre “tutto il resto è stato on the job, con borse lavoro retribuite. infine hanno conseguito la qualifica a coronamento dei venti mesi di progetto”.
Importante anche la testimonianza di Alessia Vecchio e Valentina Scilletta, entrambe psicologhe, che nella veste di orientatrici nel bilancio di competenza per il Cospes hanno curato i contatti diretti con i corsisti, poi divenuti mediatori: “Abbiamo incontrato un livello di cultura alto – hanno dichiarato- che ha permesso uno scambio proficuo e utile anche per noi. Non hanno trovato particolari difficoltà ad ingranare nè ad integrarsi”.
Per l’assessore Trojano, “la mediazione culturale è importante sia durante la fase dell’emergenza che in quella successiva. Spesso ci troviamo impreparati di fronte a questi migranti, persone con culture e modelli diversi. Non si può ragionare senza capire che aspettative hanno questi nostro ospiti e da quali contesti arrivano.”
“L’accoglienza italiana non è ancora da considerare la migliore possibile, come purtroppo le cronache di questi anni hanno più volte evidenziato” ha sottolineato la Acagnino. “Bisogna uscire da questa logica emergenziale che vede la Sicilia solo come terra di passaggio, ragionare in termini di integrazione per chi vuole rimanere e organizzare il trasferimento per coloro che scelgono di andare via. In termini giuridici – ha continuato il presidente della Sesta sezione del Tribunale di Catania – il problema si pone proprio per la regolarizzazione di coloro che vogliono restare in Italia. Le possibilità concrete di rimanere in condizioni di legittimità sono pochissime e sono per la gran parte legate allo status di rifugiato politico o soggetto che gode della protezione internazionale. La maggior parte di coloro che approdano in Italia – ha concluso la giurista – non hanno purtroppo conoscenza di quali siano le modalità attraverso cui ottenere questo riconoscimento anche se ne hanno diritto. Il mediatore, dunque, ha anche questo delicato: accompagnare l’immigrato nell’iter di regolarizzazione e dunque nel pieno processo di legittimità per poter anche lavorare”.
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Mi chiamo Emilia Angela ALBU, sono rumena, vivo a Trapani e sono una dei venti, che IN REALTÀ SONO SOLO 14 MEDIATORI CULTURALI IN DEVENIRE, perché ancora NON ABBIAMO CONSEGUITO LA QUALIFICA, che hanno partecipato al progetto “PER UN LAVORO SENZA FRONTIERE”. Leggere gli articoli pubblicati questi giorni sui giornali catanesi e trapanesi riguardo al progetto sopra menzionato, e le dichiarazioni dei responsabili degli enti coinvolti nel progetto, mi crea sconforto e tanta rabbia. Per chi fosse veramente interessato di sapere come sono andate le cose, farò un riassunto del percorso formativo offerto dal progetto.
Il BANDO PUBBLICO per la selezione dei 20 partecipanti al progetto “PER UN LAVORO SENZA FRONTIERE” – Interventi a sostegno dell’inclusione socio-lavorativa di immigrati n. CIP 2007.IT.051.PO.003/III/G/F/6.2.1/0082 n. CUP G65E12000030009 – pubblicato a settembre 2012, descriveva il progetto come uno, cito: “FINALIZZATO A FAVORIRE L’INCLUSIONE SOCIO-LAVORATIVA DI SOGGETTI IN CONDIZIONI DI DISAGIO ED ESCLUSIONE SOCIALE…”, era rivolto a “N. 20 IMMIGRATI UOMINI E DONNE (70% donne) di età compresa tra i 18 e i 40 anni in possesso di regolare permesso di soggiorno e/o proveniente dagli stati membri dell’Unione Europeo, IN CONDIZIONE DI SVANTAGGIO SOCIALE ED ECONOMICO, in possesso di diploma di scuola media superiore o con titolo equipollente”, DALLE PROVINCIE DI TRAPANI, AGRIGENTO, CALTANISSETTA E CATANIA, e aveva come “OBIETTIVO IL LORO INSERIMENTO NEL MONDO DEL LAVORO ATTRAVERSO LA REALIZZAZIONE DI UN CORSO DI FORMAZIONE PER MEDIATORI CULTURALI.”
La domanda che mi è sorta subito dopo aver letto il bando pubblico è stata: COM’È POSSIBILE CHE UNA PERSONA IN CONDIZIONE DI DISAGIO ED ESCLUSIONE SOCIALE POSSA FARE IL MEDIATORE CULTURALE, CIOÈ ESSERE UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER GLI ALTRI IMMIGRATI, UNA “FIGURA INDISPENSABILE PER L’AZIONE DI SOSTEGNO A FAVORE DELL’UTENZA STRANIERA” COME LO DEFINISCE IL BANDO STESSO? Poi mi sono detta: forse la persona che ha scritto il progetto non ha la minima idea di cosa dovrebbe fare un mediatore culturale. Il sospetto mi è stato confermato, in seguito, dal direttore del corso Carmelo Sferro cui ho indirizzato la domanda, appena ho avuto l’opportunità.
Mi sono iscritta, ho superato le selezioni e il 16 gennaio 2013 è iniziata la fase di formazione di, cito dal bando pubblico: “500 h complessive delle quali 400 h saranno svolte in aula presso la sede corsuale di C.so Sicilia, 111 – 95131 Catania e 100 h saranno dedicate allo stage che si svolgerà presso gli sportelli delle Acli delle province di Catania, Agrigento, Caltanissetta e Trapani.”
Qualcuno potrebbe pensare che in UN PROGETTO FINANZIATO DAL FONDO SOCIALE EUROPEO è tutto ben organizzato, e che AI “POVERI” STRANIERI “IN CONDIZIONE DI DISAGIO ED ESCLUSIONE SOCIALE” verranno anticipati i soldi necessari per il viaggio settimanale dalle provincie di Trapani, Agrigento e Caltanissetta a Catania e per il ritorno. No, non è stato assolutamente così. DAL 16 GENNAIO 2013 AL 27 APRILE 2013, PER TUTTO IL PERIODO DELLA FORMAZIONE TEORICA, ABBIAMO ANTICIPATO DALLE TASCHE DEI NOSTRI CARI FAMIGLIARI, I SOLDI PER IL VIAGGIO. LUNEDÌ MATTINA SI PARTIVA DALLE PROVINCIE DI RESIDENZA A CATANIA IN PULLMAN E SI RITORNAVA IL SABATO POMERIGGIO. SI PASSAVA LA DOMENICA CON I FAMIGLIARI (MARITI, FIGLI) E LUNEDÌ SI RICOMINCIAVA TUTTO DA CAPO.
Non vi immaginate quanto fossi felice il giorno 27 di aprile. Avevo preparato la valigia due giorni prima. Non vedevo l’ora di riabbracciare mio marito e non fare più vai-vieni per un corso che già d’allora non sembrava molto promettente da nessun punto di vista. Nel ultimo giorno di formazione teorica, il sabato 27 aprile 2013, me l’ho ricordo come se fosse stato ieri, il direttore del corso Carmelo Sferro è arrivato con “la buona notizia”: ci ha detto che dovevamo fare una parte dello stage a Catania. Sono scoppiata a piangere, mi sono ribellata, non capivo, e non capisco tutt’oggi, perché abbiamo dovuto fare lo stage a Catania dal 02 maggio al 10 maggio 2013 se nel bando era scritto chiaro che “le 100 h dedicate allo stage si svolgeranno presso gli sportelli delle Acli delle province di Catania, Agrigento, Caltanissetta e Trapani.” Volevano che iniziassimo già da lunedì, ho detto chiaramente che non mi sarei presentata e ho chiesto che parlassero con il responsabile delle ACLI di TRAPANI per poter fare lo stage nella provincia di residenza. Ci tengo a precisare che dal 16 gennaio al 27 aprile 2013 mi sono assentata solo una settimana perché ero a letto con la febbre. Alla fine hanno deciso di iniziare lo stage il 02 maggio 2013. OVVIAMENTE, PER LE DUE SETTIMANE DI STAGE ABBIAMO ANTICIPATO NOI I SOLDI PER IL VIAGGIO. Un viaggio andata-ritorno da Trapani a Catania mi costava 50 euro a settimana. Facciamo un po’ i conti: il corso è iniziato il 16 gennaio 2013; il primo pagamento dell’indennità di frequenza di tre euro all’ora dal 16 gennaio al 28 febbraio 2013 (facevamo 5 ore al giorno) più il rimborso delle spese di viaggio per lo stesso periodo, è avvenuto il 29/03/2013 quando io avevo già speso da tasca mia 550 euro solo per il viaggio.
VOGLIO PRECISARE CHE IN TUTTO QUESTO TEMPO DAL 16 GENNAIO 2013 AL 10 MAGGIO 2013 SIAMO STATI ALLOGGIATI ALL’OSTELLO COLONIA DON BOSCO – LITORANEA KENNEDY, 55 – 95121 – CATANIA (CT).
Dal 13 maggio al 31 maggio 2013 abbiamo fatto ognuno di noi lo stage nelle provincie di residenza.
Una volta finito lo stage abbiamo saputo che DOVEVAMO RITORNARE DI NUOVO A CATANIA per la terza fase del progetto “Misure di accompagnamento individuale; Bilancio delle competenze e redazione report”, che doveva essere fatta dall’ente COSPES di Catania. PIÙ O MENO ALTRE DUE SETTIMANE NEL MESE DI GIUGNO. OVVIAMENTE, ABBIAMO ANTICIPATO NOI I SOLDI PER IL VIAGGIO CHE SONO STATI RIMBORSATI A OTTOBRE 2013.
Poi c’è stato un silenzio totale, nessuno sapeva quando avrebbe avuto inizio la quarta fase del progetto, quella della work experience di ben 540 ore. Alla fine è iniziata ad agosto 2013 e si è conclusa il 21/22 maggio 2014 per le provincie di Trapani, Catania e Caltanissetta e a giugno per la provincia di Agrigento. Facevamo tre ore al giorno di work experience. L’ULTIMO PAGAMENTO DELL’INDENNITÀ DI FREQUENZA DI 5 EURO ALL’ORA È STATO FATTO IL 18 FEBBRAIO PER I MESI DI DICEMBRE E GENNAIO. DA QUELLA DATA IN POI NON ABBIAMO PIÙ PERCEPITO NULLA.
Se pensate che non ci hanno più chiamato a Catania, vi sbagliate. A SETTEMBRE CI HANNO CHIAMATO TRE GIORNI. QUESTA VOLTA ABBIAMO ANTICIPATO I SOLDI PER IL VIAGGIO E NOVITÀ, ANCHE PER IL MANGIARE, PERÒ SENZA ESSERE AVVISATI PRIMA. A novembre 2013 abbiamo ricevuto una email in cui richiedevano la nostra presenza a Catania per ben due settimane, nonostante avessimo firmato la Convenzione di work experience per le 540 ore con le sedi ACLI delle provincie di residenza. A questo punto mi sono rivolta ad un avvocato. Alla fine hanno ridotto le due settimane a tre giorni con la scusa che si dovevano fare dei test di verifica. Il bello è stato che prima del test è stata fatta la formazione sulle domande contenute nel test. Mi sono rifiutata di scrivere nel mio registro che abbiamo fatto il test di verifica. TUTT’OGGI ASPETTIAMO CHE CI VENGONO RIMBORSATI I SOLDI PER IL VIAGGIO A CATANIA NEL MESE DI NOVEMBRE.
Il 3 giugno 2014 tramite una e-mail ci è stato comunicato che eravamo convocati, cito: “a Catania nei giorni 9 -10 e 11 giugno per completare la fase del bilancio delle competenze gestita dal Cospes e per incontrarvi con la dott.ssa Angela Lupo per la preparazione della stesura dell’elaborato da presentare al momento dell’esame finale.” Ho risposto con un’altra’e-mail in cui giustificavo la mia assenza per mancanza di risorse finanziarie e menzionavo anche il fatto di aver avvisato la sig. Angela Galvagno, un’altra responsabile del progetto, della situazione già dalla fine del mese di aprile. Non ho ricevuto nessuna risposta, né scritta, né orale. Ho saputo dopo che NESSUNO DEI 14 CORSISTI RIMASTI NEL PROGETTO, 6 NELLA PROVINCIA DI CATANIA, 4 NELLA PROVINCIA DI CALTANISSETTA, 2 NELLA PROVINCIA DI AGRIGENTO E 2 NELLA PROVINCIA DI TRAPANI, HA PARTECIPATO ALLE ATTIVITÀ DI COSPES. QUINDI, NON SONO STATE FATTE.
Poi, il 11 di giugno abbiamo ricevuto un’altra e-mail in cui eravamo avvisati che il giorno, cito ”13 Giugno 2014 presso le Acli di Catania – Corso Sicilia 111 dalle ore 9 fino alle 18 si terrà il seminario “Immigrazione e i servizi al lavoro” nell’ambito del progetto Per un lavoro senza frontiere. E’ gradita la presenza.” NESSUNO DEI 14 CORSISTI RIMASTI NEL PROGETTO HA PARTECIPATO AL SEMINARIO.
Il 17 giugno i miei colleghi hanno postato su facebook, sul nostro gruppo chiuso, la seguente e-mail ricevuta dalla segreteria del progetto: ”SI INVIA INVITO DEL SEMINARIO DEL PROGETTO PER UN LAVORO SENZA FRONTIERE” DEL 19 GIUGNO 2014, HOTEL NETTUNO – CATANIA.” A me non hanno più ritenuto opportuno inviarmelo.
Ci sarebbe tanto da dire sull’argomento, ma non voglio annoiarvi. Avrei voluto non insistere così tanto sui disagi vissuti in questo periodo, avrei voluto GRIDARE le competenze acquisite nell’esperienza lavorativa da poco conclusa, ma non posso. Sento di aver perso quasi due anni della mia vita, mi sento vuota, delusa e strumentalizzata. Eravamo così importante nella sede delle ACLI di Trapani, che nessuno, tranne ovviamente, io e la mia collega di corso, se n’è accorto che il 21 maggio è stato l’ultimo giorno della work experience. Non abbiamo più avuto contatti dopo e non credo che ce ne saranno in futuro; non è mai esistita e non esiste una prospettiva di inserimento lavorativo presso la sede delle Acli di Trapani o presso nessun’altra sede coinvolta nel progetto.
Il vicepresidente Acli Nazionali e presidente delle Acli Sicilia Santino Sciré parla di “borse lavoro retribuite” e del “conseguimento della qualifica”. Perché noi, i partecipanti al progetto, non ne sappiamo niente? Perché nessuno ci dice nulla? Con noi, quelli che abbiamo faticato e ci siamo impegnati corpo e anima in questo progetto, è un silenzio totale. Parlano, ma parlano solo per le telecamere, solo tra di loro, con la speranza che proporranno di nuovo questo progetto e sarà di nuovo approvato. È non so perché, ma sono anche sicura che lo faranno.
Gireremo questa sua ai responsabili del progetto.
“Catania Pubblica, la cittá sul web” ha giá nel nome il suo obiettivo: essere uno spazio indipendente in cui confluiscano le diverse voci presenti sul territorio. “Pubblica” quindi in quanto appartenente alla comunità, ma anche nel senso di “pubblicare”: notizie, informazioni, opinioni.
Mi chiedo di quante settimane, mesi o anni avrete bisogno per decidere di pubblicare il mio commento?
Cordiali saluti.
Per problemi tecnici abbiamo visionato soltanto adesso il suo commento che è appena stato pubblicato. Domani gireremo la sua testimonianza agli organizzatori per una replica.
Grazie!