Cucinare con gli avanzi
Di solito durante le feste si eccede con il cibo. Si tratta di una sorta di rito collettivo rivolto ad esorcizzare la povertà e gli stenti che hanno caratterizzato l’umanità per gran parte della sua storia.
Si tende ad eccedere e, nella nostra cultura in cui gran parte del cibo viene sprecata, questa tendenza si accentua nel corso delle grandi ricorrenze festive.
Così, dopo le cene della vigilia, che dovrebbero essere di magro, ma che sono diventate delle grandi abbuffate come pure i cenoni di Capodanno e le altre feste comandate, le nostre dispense e i nostri frigoriferi traboccano di avanzi il cui destino è spesso quello di riempire le voraci fauci dei nostri amici felini e canidi (se ne abbiamo), di essere devolute ai poveri (laddove esistono queste forme di organizzazione), o più spesso di finire nel bidone dell’indifferenziata in viaggio verso una discarica o un inceneritore.
Eppure con gli avanzi si possono preparare ottimi piatti.
Ne sapeva qualcosa Olindo Guerrini, poeta e scrittore vissuto fra la seconda metà dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento.
Guerrini, nativo di Forlì, e che si procurava da vivere facendo il bibliotecario presso l’Università di Bologna, della cui biblioteca divenne poi direttore, scrisse, con lo pseudonimo di Lorenzo Stecchetti, un libro dal titolo “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa”, pubblicato postumo, nel 1918 (due anni dopo la sua morte) in cui propone tantissime ricette di cucina povera fatte con gli avanzi.
Pare che il riferimento alla mensa, di cui al titolo, fosse una nascosta polemica con riferimento al suo magro stipendio che lo costringeva a nutrirsi degli avanzi della mensa.
Cucinare con i resti di ciò che è rimasto dal giorno prima è dunque un’arte della cucina povera che ha un’illustre tradizione letteraria, che è bene rispettare ed utile praticare.
La ricetta con gli avanzi che vi propongo oggi è semplicissima.
Capita spesso di avere dei resti di pesce, per esempio se avete cotto alla brace o comunque grigliato del buon pesce (spigole, orate, pagelli).
Nella tradizione ionica e di altre parti d’Italia (non nell’alto Adriatico però), il pesce viene grigliato senza essere squamato.
Le squame formano una struttura protettiva che consente alle carni di rimanere morbide senza bruciarsi, e soprattutto di conservare il sapore naturale.
In alternativa, se il pesce è squamato, si può avvolgerlo in foglie di vite o di agrume, in modo da ottenere la stessa protezione. Se avete cucinato del pesce in tale maniera, e ve ne è rimasto, provvedete a sfilettarlo, a liberarlo delle lische e delle squame.
Ricavatene dei filetti o comunque dei pezzi di polpa, disponeteli in un piatto e conditeli con olio extra vergine, succo di limone non trattato e un trito di aglio e prezzemolo con una spruzzata di pepe nero macinato.
Guarnite con fettine e scorze d’arancia non trattate, e servite freddo.
Se gradite, e non avete problemi di ingrassare ulteriormente dopo le feste, potete accompagnarlo con una salsa composta da due terzi di yogurt greco (per solidarietà europea oltre che per la bontà del prodotto), un terzo di maionese leggera e una spruzzata di senape di Digione.