Migliaia i lavoratori siciliani che si asterranno dalla prestazione lavorativa per l’intero turno.
Domani seconda giornata di sciopero nazionale dei lavoratori dei call center indetto dalle Segreterie Nazionali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, dopo la forte adesione allo sciopero del 4 giugno.
A fronte di centinaia di licenziamenti e dichiarazioni di esuberi strutturali in molte aziende del settore (Accenture Palermo, 4U, Infocontact, ECare Milano, Almaviva, solo per fare qualche esempio), i sindacati intendono sollecitare soluzioni politiche e legislative ad un Governo che, dicono, sino ad oggi non ha messo in campo nulla di quanto richiesto per la salvaguardia dei posti di lavoro.
Domani quindi le migliaia di lavoratori siciliani si asterranno dalla prestazione lavorativa per l’intero turno, mentre a Roma, alle 17 un corteo partirà da Piazza della Repubblica e arriverà a Piazza del Popolo, dove sarà allestito un palco sul quale si alterneranno interventi politici e performance artistico/musicali fino a notte inoltrata, con una vera e propria ‘Notte bianca dei call center’.
“In Sicilia l’impatto di tale situazione è particolarmente preoccupante, scrive in una nota il segretario generale della Fistel Cisl Antonio D’Amico, visto che sono migliaia i lavoratori impegnati nei call center, pertanto, prosegue, confidiamo che la mobilitazione del 21 Novembre costringa tutti i livelli delle Istituzioni e le parti in causa a raccogliere la drammaticità della situazione e a fornire adeguate risposte alle gravi problematiche occupazionali e sociali.
Le Organizzazioni sindacali da tempo denunciato la corsa alle delocalizzazioni da parte delle grosse committenti verso paesi europei a basso costo del lavoro, la mancanza di regole sui cambi d’appalto e le gare al massimo ribasso che premiano gli imprenditori spregiudicati e mettono fuori mercato quelli che provano a competere nel rispetto delle regole.
“In particolare, continua D’Amico, l’errata trasposizione italiana della Direttiva Europea 2001/23 sulla tutela dei lavoratori, con la mancata estensione delle tutele previste dall’articolo 2112 del c.c., ha creato un vuoto normativo che genera crisi occupazionali non determinate da un calo dell’attività lavorativa ma unicamente dall’opportunità, concessa al committente, di cambiare liberamente il fornitore del servizio senza essere tenuto a garantire la continuità occupazionale ai lavoratori.