Siblings: quando la difficoltà diventa risorsa
di Martina Rizzo, Claudia Stancampiano, sotto la guida della Prof.ssa Carla Biscuso
“Avrei voluto sapere di non essere il solo fratello che viveva la mia stessa situazione”, sono queste le parole con le quali Federico Lupo, fratello di Andrea, un ragazzo autistico, spiega la condizione di disagio vissuta nell’infanzia e nell’adolescenza. Ed è proprio da questa necessità che nasce l’idea di raccogliere in forma unitaria i racconti autobiografici dei fratelli e delle sorelle dei soggetti autistici. “Storie di un viaggio lungo una vita”(Erickson Live, 2015), il libro curato da Lupo e presentato nel mese di maggio al Liceo delle Scienze Umane di Biancavilla, nasce dall’esperienza laboratoriale del gruppo Siblings, costituitosi a Catania nel 2013 in seno all’associazione “Un futuro per l’autismo”.
Sibling, parola inglese entrata di recente nell’uso per definire i fratelli e le sorelle delle persone con disabilità, racchiude in sé tutta la costellazione di variabili emotive delle famiglie in cui è presente un soggetto diversamente abile.
È un’ottica “family centered” quella che regge l’impalcatura di questo libro che coagula delle esperienze autobiografiche e che parte dalla convinzione che soltanto la comunicazione razionale ed emotiva possa essere fonte di rinascita interiore. Pur avendo instaurato un rapporto di complicità e di armonia con Andrea, Federico avrebbe voluto entrare nei suoi silenzi e decifrarli, senza provare un continuo e frustrante senso di impotenza e di smarrimento. Soltanto le dovute attenzioni, l’ascolto empatico, la comunicazione e la condivisione possono aiutare i membri di una famiglia in cui siano presenti persone disabili a maturare forme di resilienza nei confronti della difficoltà – spiega il curatore. La rete di sostegno tessuta intorno ai siblings è di primaria importanza, considerata la specificità del rapporto fraterno che, oltre a non essere dettato da una scelta, è nella maggioranza dei casi un rapporto paritario.
Che il rapporto fraterno, e a maggior ragione quello che si instaura tra un fratello normodotato e un fratello diversamente abile, sia “speciale” lo dimostrano in pieno i racconti di questo libro.
Tra le righe emergono, con estrema chiarezza, non solo il senso di fragilità e di inadeguatezza, ma anche l’estrema tenacia che ha caratterizzato la vita di questi siblings.
La lezione che se ne trae è molto semplice: soltanto i legami di supporto sociale, il senso di appartenenza e il mutuo sostegno possono incidere positivamente sulle capacità dell’essere umano di trovare le risorse migliori per superare o meglio trasformare le difficoltà in punti di forza. Si tratta di un messaggio di estrema attualità e importanza che una società come la nostra, abituata da un lato a esaltare il successo e l’ansia di perfezionismo e dall’altro a propagandare l’idea di inclusione e uguaglianza, dovrebbe accogliere con vigore e slancio propositivo.
Gli attacchi di panico: un fenomeno transgenerazionale in crescita
di Ilaria Bonomo, Daniela Cusumano, Alessia Lombardo, Jennifer Pignataro, Martina Rizzo, Claudia Stancampiano, sotto la guida della prof.ssa Carla Biscuso
Gli attacchi panico o “panic disorder”, secondo la classificazione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, sembrano costituire un fenomeno transgenerazionale che tocca sia uomini che donne. Lo conferma lo psicologo Alessio Leotta, psicologo della Comunità per tossicodipendenti “Sentiero della Speranza” di Biancavilla, intervistato dalla nostra redazione.
Quali sono le cause che generano gli attacchi di panico?
Gli attacchi di panico, come tutti i disturbi che rientrano nella sfera dell’ansia, possono essere ricondotti a molteplici fattori sia di ordine psicologico sia di ordine fisiologico. Le motivazioni fisiologiche sono riconducibili ad alterati processi elettrochimici cerebrali. Dal punto di vista psicologico gli attacchi di panico rappresentano una risposta ad eventi ritenuti stressanti come ad esempio una delusione sentimentale, un lutto, il ricordo di un evento traumatico.
Quali solo i sintomi che indicano l’insorgenza di un attacco di panico?
L’attacco di panico si manifesta all’improvviso comportando per il soggetto affetto aumento della sudorazione, respiro corto, tachicardia, nausea, ipertensione e parestesia, cioè una sensazione di formicolio alle mani e agli arti. I sintomi possono essere o tutti compresenti o comparire solo in parte. I soggetti che abbiano attacchi di panico importanti possono in alcuni casi avvertire un senso di derealizzazione o depersonalizzazione, cioè di distacco dalla realtà.
Quale fascia generazionale è più colpita? Sono più colpite le donne o gli uomini?
L’attacco di panico interessa in egual misura sia uomini sia donne. Ultimamente sta interessando anche i giovani. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, come riporta un dato statistico del 2016 presente in un recente numero di “Mente e Cervello”, circa il 30% dei giovani soffre di disturbi psichici e tra questi molto attestata è l’ansia. Statisticamente poi gli attacchi di panico sono più frequenti nelle donne che negli uomini. Questo è con molta probabilità da attribuire al fatto che la donna oggi è sovraccaricata da una serie di impegni sia di carattere familiare sia di carattere lavorativo. Non sempre la donna poi trova l’adeguato riconoscimento da parte della società che non offre i dovuti servizi per alleviarla nella gestione dei figli piccoli, siano essi normodotati o diversabili, o dei familiari anziani.
Per quale motivo tanti giovani soffrono di disturbi d’ansia?
Dall’esperienza maturata anche in seno ai contesti scolastici in cui mi trovo ad operare, soprattutto nelle attività volte a combattere la dispersione, ho potuto realizzare che le cause sono veramente molteplici e che si può tentare di tratteggiare solo un quadro orientativo. I giovani, nella maggioranza dei casi, sembrano essere condizionati dalle richieste di un società che è diventata sempre più competitiva. A ciò si aggiunge il desiderio di uniformarsi agli standard imposti dalla moda in relazione al possesso dei beni materiali. Se questi target non vengono raggiunti per motivi di ordine economico, il malcontento può tramutarsi in un senso di frustrazione che genera l’attacco di panico. Ovviamente gli attacchi di panico possono avere anche motivazioni molto più profonde ed essere ricondotti a fragilità più recondite da riconnettersi anche a ferite subite in età infantile o adolescenziale. A queste cause possono aggiungersene altre come la predisposizione genetica o l’aver vissuto in contesti familiari caratterizzati dall’incapacità gestionale dell’ansia da parte degli adulti
Qual è la percezione sociale del problema da parte della famiglia, del gruppo o dei colleghi di lavoro nei confronti di chi soffre di attacchi di panico?
Solitamente la società minimizza o non comprende effettivamente il malessere di chi soffre di attacchi di panico. Si tende a pensare che siano delle esagerazioni o che le persone mettano in scena queste crisi per evitare di affrontare situazioni scomode.
In che modo gli attacchi di panico influiscono nelle relazioni sociali?
Gli attacchi di panico limitano fortemente la vita di chi ne soffre e creano delle difficoltà nelle relazioni interpersonali (familiari, di coppia, di amicizia, ecc). Le persone che ne soffrono avranno la tendenza a evitare tutte quelle occasioni percepite come fonti possibili di ansia e a sfuggire tutti quegli eventi in cui si profila la possibilità di incontrare molta gente.
Esiste una cura per gli attacchi di panico?
Da psicologo, che abbraccia in primo luogo l’approccio di tipo sistemico- relazionale, ritengo che la prima forma di terapia per ridurre la frequenza degli attacchi di panico sia quella della relazione e della parola. Lo stesso Eugenio Borgna, primario di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e mentali presso l’Università di Milano, in un suo testo famoso intitolato “Le figure dell’ansia” scrive che l’ansia è “friabile” e scomponibile, essendo caratterizzata dalla possibilità di accentuarsi o di attenuarsi in rapporto alle situazioni familiari o interpersonali. Soltanto quando il malessere trova un varco e dà forme a parole e discorsi, si può pensare di far incamminare il soggetto che soffre di attacchi di panico sulla via della guarigione. Esistono anche dei farmaci antidepressivi che, se opportunamente dosati, possono prevenire di molto l’ansia anticipatoria, l’evitamento fobico, nonché la frequenza e l’intensità degli attacchi di panico. La cura farmacologica non può e non deve essere però in alcun caso disgiunta dalla terapia della parola.
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