Queste le accuse nei confronti di Santo Torrisi, perfusionista in servizio presso l’ospedale universitario di Catania. L’Università si costituirà parte civile.
La storia sembra ripetersi e l’Università sembra essere diventata la scena più ovvia per questo tipo di vicende.
Episodi di violenze sessuale e concussione sarebbero state infatti poste in essere, tra il 2010 ed il 2014, nei confronti di sette diverse studentesse universitarie. Queste le accuse nei confronti di Santo Torrisi, perfusionista in servizio presso l’ospedale universitario di Catania.
All’epoca dei fatti l’uomo era coordinatore del corso universitario di “Tecniche di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare”.
A conclusione delle indagini, avviate su segnalazione di un gruppo di studentesse, l’uomo è stato sospeso dalla professione su disposizione del gip del tribunale etneo.
Intanto dall’Università il Rettore comunica che l’Ateneo si costituirà parte civile e precisa che “lo stesso non è un docente universitario, bensì un dipendente dell’Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico Vittorio Emanuele, che all’epoca dei fatti contestati era impegnato in qualità di coordinatore del tirocinio in un corso di laurea delle Professioni sanitarie”, e che “Tale attività è stata immediatamente interrotta dal momento in cui l’Ateneo ha ricevuto la segnalazione di avvio delle indagini”.
“L’Università di Catania, prosegue Pignataro, si costituirà parte civile nel procedimento giudiziario che dovesse scaturire dalle indagini. Vicende di questo genere creano un gravissimo danno all’Università come istituzione, discreditando il lavoro di migliaia di altre persone che invece operano quotidianamente con impegno e serietà per trasferire conoscenze, competenze e valori ai giovani”.
Il Rettore invita poi tutte le studentesse e gli studenti a segnalare prontamente casi analoghi anche attraverso il Comitato Unico di Garanzia che ha gli strumenti per intervenire a tutela del benessere di chiunque vive ed opera nell’Ateneo.
“Se le gravissime accuse verranno accertate, non possiamo che esprimere la massima riprovazione e la più ferma condanna per questo genere di comportamenti che, ancor prima dei rilevanti aspetti penali, mai dovrebbero sussistere in chi svolge una missione così importante come l’insegnamento” conclude.