Un racconto/concerto in cui trovano spazio diverse arti e che rappresenta un tentativo di ribellione all’abitudine e di ricerca della propria personale felicità.
Tanz! Procaci rimedi per menti fervide, è lo storytelling a cura di Emanuele Coco, che andrà in scena domani, sabato 14 marzo, alle 20.45, a Scenario Pubblico.
Si tratta di una narrazione ironica per voce, strumenti musicali e macchinette elettroniche, i cui testi, l’ideazione musicale e la regia sono curati dall’autore e in cui trovano spazio diverse arti. Lo scopo comunque è quello di sottrarre il più possibile al visivo per dare all’ascolto. “Si tratta di una scelta estetica mossa dalla passione per la musica e per la parola. Ma è anche un gioco che aspira a coinvolgere l’ascoltatore nella creazione della storia: quando ci affidiamo alle orecchie, ognuno di noi diviene in parte artefice di quel che sta ascoltando. Con la propria mente può costruire scenari, contesti, volti, paesaggi”, spiega l’autore. In scena viene quindi giocato un contrappunto tra visivo e udibile, un gioco che consiste soprattutto nel togliere all’occhio per dare all’orecchio in modo che ognuno possa costruire le proprie scene.
Il racconto/concerto, rappresenta un tentativo di ribellione all’abitudine che come sosteneva nel 1936 Wilhelm Reich – psicanalista austriaco, allievo di Freud – nella società moderna costringe uomini e donne a una volontaria prigionia che genera malessere, nevrosi, insoddisfazione e aggressività. Un pensiero ripreso dal sociologo Herbert Marcuse e che risulta ancora attuale.
Tanz! Procaci rimedi per menti fervide, comunque, è anche e soprattutto un omaggio alla danza fisica e esistenziale, “perché uno dei meriti della danza è quello di sapere trasformare un gesto ordinario in un gesto scomposto e disordinato, quindi audace. La danza fa qualcosa che nessuno osa se non in casi particolari”, spiega Coco.
“Solo un movimento personale, intimo, consapevole, irriverente, non omologato e spontaneo (sia esso fisico che simbolico), può trascinare via ognuno di noi dalla banale ripetitività dei gesti omologati. Solo un’affermazione del Sé, della propria diversità, dei propri intimi desideri – per quanto possa suonare ridicola o scomposta di fronte alle mode prestabilite – offre la possibilità a ognuno di noi di dare voce alla propria vita e alla legittima voglia di tentare di essere felice”, conclude L’autore.