Si tratta di due giovani di Paternò e di una minorenne, tutti incensurati. L’episodio, risalente allo scorso 10 febbraio aveva suscitato molta impressione in città.
La mattina dello scorso 10 febbraio c’era stata molta agitazione in città a causa di una rapina alla gioielleria “Lanzafame gioielli” di via Vittorio Emanuele. Anche sui social infatti si erano diffuse notizie relative al ferimento all’addome del titolare della gioielleria da parte dei rapinatori.
In realtà il personale della Squadra Mobile, giunto sul posto a seguito dell’allarme di rapina collegato al 113, ha verificato che tre individui, fra cui una donna, a viso scoperto, avevano fatto ingresso all’interno della gioielleria e, dopo avere aggredito il titolare che si trovava dietro il bancone, colpendolo violentemente al volto, si erano avvicinati al retrobottega ove era presente il figlio.
Intanto uno dei rapinatori, poi individuato nel Roccia, sotto la minaccia di una pistola del tipo semiautomatico, aveva intimato al titolare di consegnare le chiavi della cassaforte e subito dopo, si era avvicinato al retrobottega, dove si trovava il figlio, verso cui aveva puntato la pistola esplodendo un colpo, poi risultato a salve, ma l’uomo aveva perso i sensi ed era caduto a terra sbattendo violentemente la testa.
I tre rapinatori, che non erano riusciti a consumare la rapina, si erano dunque dati alla fuga a piedi, percorrendo la via San Giuseppe al Duomo. Il figlio del titolare, dopo essere stato medicato sul posto da sanitari del 118, era stato trasportato in ambulanza al Pronto Soccorso dell’Ospedale Garibaldi, dove gli fu diagnosticata una ferita lacero contusa e trauma cranico con perdita di coscienza. Anche il padre dovette fare ricorso alle cure dei sanitari che gli diagnosticarono delle ferite ed escoriazioni.
Le indagini furono subito avviate dal personale della Sezione Reati contro il Patrimonio – “Squadra Antirapina”, d’intesa con la Procura della Repubblica di Catania, partendo da un attento monitoraggio degli impianti di video-sorveglianza dei luoghi in cui era stato consumato il delitto e della via di fuga.
Quest’attività consentì di individuare il terzetto in via San Giuseppe al Duomo: venne notata infatti una donna con un giubbotto rosso procedere di corsa, seguita da due individui a passo d’uomo mentre si avvicinavano ad un’autovettura che era stata lasciata parcheggiata.
La presenza dei tre lungo la stradina fu notata da un Brigadiere della Guardia di Finanza che vide i tre salire a bordo di una VW Polo.
Dalle immagini si ricavò che la vettura era una VW Polo “Cross” di colore grigio metallizzato – modello caratterizzato dalla presenza di barre in acciaio sul tetto e fascioni laterali, ndr – della quale però non si riusciva a rilevare il numero di targa. La vettura è stata notata in altri filmati procedere in direzione via Alessi.
Da una minuziosa verifica dei varchi in ingresso ed uscita dal capoluogo è emerso il passaggio, in orario compatibile e successivo alla rapina, della vettura nei pressi di piazza Alcalà; successivamente, lo stesso mezzo è stato rilevato nei pressi del Faro Biscari in direzione dello svincolo Asse dei servizi.
Riuscendo finalmente a visualizzare la targa dell’auto, sono state avviate indagini, anche di carattere tecnico, nei confronti del figlio dell’intestatario, Salvatore Marano, un giovane di Paternò che ne risultò il reale utilizzatore.
Sono stati quindi effettuati dei discreti servizi di osservazione che, assieme all’esame dei tabulati con i contatti e le frequentazioni del ragazzo, hanno consentito di risalire all’identità della banda, composta da altri due giovani, anch’essi di Paternò, di cui una quindicenne, tutti incensurati.
Roccia è stato trovato in possesso di una pistola semiautomatica a salve, della quale tentava di disfarsi, risultata quella utilizzata per commettere il reato.
Sulla scorta dei gravi e concordanti indizi di reità, la Procura della Repubblica di Catania ha quindi emesso decreto di fermo nei confronti di Salvatore Marano, (1990) e di Salvatore Nicola Roccia (1994).
Espletate le formalità di rito, i fermati sono stati associati presso il carcere di Catania “piazza Lanza” a disposizione dell’Autoritá giudiziaria.