ricette cucina siciliana – Catania Pubblica web-tv https://www.cataniapubblica.tv Informazioni, notizie e Tg Catania. Testata giornalistica indipendente Wed, 29 Apr 2020 12:07:55 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.7.3 Il Gastronomo educato: Polpo sbronzo con verdure croccanti https://www.cataniapubblica.tv/gastronomo-educato-polpo-sbronzo-verdure-croccanti/ https://www.cataniapubblica.tv/gastronomo-educato-polpo-sbronzo-verdure-croccanti/#respond Wed, 16 Mar 2016 11:14:51 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=35836 Una ricetta che trae ispirazione da un racconto di Achille Campanile e che dà due insegnamenti, uno pragmatico e uno più filosofico.

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Polpo sbronzo

Polpo sbronzo con verdure croccanti

Chi segue questa rubrica con assiduità ricorderà che in un’occasione ho fatto riferimento al racconto di Achille Campanile in cui si narrava del povero polpo, tenuto in acquario nel ristorante di pesce, e poi tirato fuori e sbattuto per far credere all’avventore che proprio quello gli sarebbe stato servito, mentre era servito polpo congelato.

E così ogni sera, più volte a sera, con il polpo che si lamentava della sua vita sventurata.

In questa storiella c’è un fondo di saggezza per noi gastronomi, e cioè che la congelazione del polpo lo rende più tenero, e non è necessario sbatterlo e far soffrire la povera bestia.

Ma un altro insegnamento se ne può trarre, scherzoso e nello spirito surreale del racconto, e cioè che il polpo, per superare i traumi della sua vita, si ubriacasse, come antidoto al dolore.

Sarà forse per questo motivo che ci sono delle ricette che fanno riferimento al polpo ubriaco, o come preferisco dire, sbronzo, perché è soltanto con una sbronza pesante che si possono forse affrontare quelle dure prove della vita.

Così la ricetta di oggi si muove nel solco di questa indicazione.

Ingredienti per 4 persone

2 polpi freschi per complessivi 1,5-2 kg

2 porri, 2 zucchine chiare, 2 carote, 5 coste tenere di sedano, 250 grammi di germogli di soia, 1 mazzo di ravanelli

1 cipolla bianca

2 bicchierini di grappa di Chardonnay o di Moscato

4 cucchiai di olio extravergine d’oliva

peperoncino fresco macinato

20 grammi di mandorle tritate e tostate

poco sale per le verdure

Preparazione

Pulite i polpi e congelateli nel freezer di casa.

Il giorno dopo lessate i polpi versandoli, anche parzialmente scongelati, in abbondante e bollente acqua non salata.

Riportate a ebollizione e fate sobbollire a fuoco lento e pentola coperta fino a quando non sarà cotto.

Lasciatelo appena al dente, perché dovrà cuocere per circa 10 minuti in padella.

Nel frattempo tagliate a julienne le zucchine, e le carote.

Tagliate a metà il porro, separando la parte bianca da quella verde.

Tagliate a fettuccine sia la parte bianca dei porri sia la parte tenera del verde.

Fate la stessa operazione, ricavando delle fettuccine, con il sedano.

Tagliate a rondelle e poi a metà i ravanelli.

Quando i polpi sono cotti, estraeteli dalla pentola e tagliateli a pezzi.

In una padella antiaderente che li contenga comodamente versate 3 cucchiai d’olio e fate rosolare la cipolla, eventualmente aggiungendo dell’acqua per ammorbidirla.

Aggiungete poi il polpo e non appena l’acqua si sarà asciugata, la grappa. Fate sfumare per metà, coprite e completate la cottura.

Intanto in un vok versate un cucchiaio d’olio d’oliva e fate rosolare a fuoco forte le verdure, rimescolando continuamente in modo da lasciarle croccanti.

Evitate sia di stufarle sia di lessarle.

A fine cottura salate lievemente, aggiungete il polpo, le mandorle tritate e tostate, il peperoncino fresco, e servite.

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Il Gastronomo educato: Caserecce di Gragnano con mosciame di pesce spada https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-2/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-2/#respond Wed, 24 Feb 2016 07:55:31 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=34579 Una ricetta a base di pesce spada, ricotta e pomodorini confit, che combina dunque sapori di mare e di terra.

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Caserecce di Gragnano con mosciame di pesce spada,

ricotta e pomodorini confit 

 

D’estate, al mare, sono solito preparare artigianalmente il mosciame di pesce spada e di tonno. Lo si fa mettendo in salamoia un tarantello, cioè la parte centrale, cilindrica, di un trancio di ventresca di un pesce di dimensioni minime di 40-50 chili. Ma lo si trova ovviamente ai mercati del pesce e nelle drogherie. Tagliato a fette sottilissime, e condito semplicemente con olio e una spruzzata di succo di limone è una vera prelibatezza. Il primo piatto di oggi combina sapori di mare e di terra e si fa apprezzare anche per la composizione dei colori.

 

Ingredienti per 4 persone

300 grammi di casarecce di Gragnano

10 fette sottili di mosciame di pesce spada

250 grammi di ricotta fresca di pecora con il suo siero

500 grammi di pomodori datterini o ciliegini ben maturi

6 cucchiai di olio extra vergine

sale q.b.

4 cucchiaini di zucchero

 

Preparazione

Mettete a bollire dell’abbondante acqua per la pasta.

Nel frattempo tagliate a listarelle 8 fette di mosciame.

Serviranno in parte per condire la pasta e in parte per guarnire il piatto.

Tritate in pezzettini sottili le altre due fette, e coprite con 2 cucchiai di olio.

Usate 200 grammi di ricotta per il condimento, lasciando da parte il resto per guarnire il piatto.

Diluite la ricotta con il suo siero per renderla morbida e poco densa. Se non ha il siero, utilizzate un po’ di latte e un po’ dell’acqua tiepida della pasta.

In una padella versate 4 cucchiai d’olio e fate rosolare a fuoco vivace i pomodorini tagliati a piccoli pezzi, aggiungendo un pizzico di sale e 4 cucchiaini di zucchero, fino a quando l’acqua non si sarà asciugata e il sugo non sarà denso.

Cuocete la pasta al dente, con poco sale, scolate e condite nella pentola, dapprima con la ricotta, poi con il mosciame tritato nell’olio e parte delle fettine e infine con i pomodorini caldi.

Guarnite i piatti e servite.

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Il Gastronomo educato: Insalata di arance e finocchi. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-insalata-di-arance-e-finocchi/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-insalata-di-arance-e-finocchi/#respond Wed, 04 Mar 2015 16:06:20 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=28704 In cucina, come nella vita, le tradizioni, prima di diventare tali, sono state innovazioni. La gastronomia, come l’umanità, è una forma d’ibridazione.

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La settimana scorsa ho proposto una ricetta di valorizzazione di un prodotto locale, il cavolfiore viola, suggerendo che si possa fare anche con altri tipi di cavolfiore.

In cucina, come nella vita, le tradizioni, prima di diventare tali, sono state delle innovazioni. E le innovazioni sono sempre innesti, combinazioni di esperienze.

La gastronomia, come l’umanità, è una forma d’ibridazione.

Donne e uomini sono sempre e tutti meticci, in grado variabile, incroci di etnie, famiglie, differenti colori della pelle, degli occhi e dei capelli.

Allo stesso modo la gastronomia è fusione di ingredienti, sapori, alimenti, appartenenti un tempo a regioni e culture diverse, che si sono incrociate, dando luogo a combinazioni uniche, a varianti infinite, a fusioni talvolta impensabili.

E così la ricetta di oggi, l’ultima nel nostro tris di insalate digestive, è il risultato di una fusione: di esperienze personali, di vite vissute, di ingredienti, di tradizioni gastronomiche che spaziano, in questo caso, dalla Sicilia alla provincia di Mantova, luogo di una delle migliori tradizioni gastronomiche d’Italia, nella quale si combinano, in maniera sublime, piatti di cucina della tradizione aristocratica e di quella contadina.

E con tradizioni che talvolta sono uniche, di un solo paese. Per esempio, a Volta Mantovana, luogo di nascita di mia moglie, oltre ai tradizionali agnolini in brodo, diversi dai tortellini bolognesi o dai cappelletti torinesi per la differente composizione del ripieno, e ai classici tortelli di zucca, diversi a loro volta da quelli ferraresi, anche in questo caso per la differente composizione del ripieno, ho assaggiato i “capunsei”, gnocchetti di pangrattato impastato con grana, “gras pistà” (lardo aromatizzato con aglio, pepe e altre erbe aromatiche), uova e brodo di cappone, cotti nello stesso brodo e conditi con burro e salvia o con salsa di pomodoro o ancora serviti in brodo.

Una ricetta che appartiene alla cultura della cucina con gli avanzi, forse derivante da immigrazioni di tirolesi (i canederli) a Volta Mantovana, o dalla cottura in brodo di cappone, e che da lì si è diffusa in tutta la Lombardia.

A Volta Mantovana, un luogo quanto mai distante dal mare, nel 1848, durante la prima guerra d’indipendenza, Carlo Alberto stabilisce quale debba essere la bandiera della Marina italiana, con gli stemmi delle Repubbliche marinare, e una lapide ancor oggi ricorda l’evento.

Forse a ricordarci che la globalizzazione non è un evento solo di oggi, allo stesso modo in cui la cucina cosiddetta “fusion” è da sempre esistita.

Solo che oggi utilizziamo un termine anglosassone per denotarla. A conferma di quanto appena detto, lì, a Volta, ho scoperto che la nonna di mia moglie preparava un’insalata di arance e finocchi.

Uno pensa, soprattutto se di origini sicule: ma come, nel pieno della pianura padana, in un luogo al confine tra Veneto e Lombardia, sede delle province italiane dell’Impero austro-ungarico, si fanno le arance in insalata?

Ebbene sì, e non v’è da stupirsi, se poi si pensa che si tratta di un piatto molto semplice e con ingredienti poveri: bastavano soltanto arance, finocchi, olio, sale, aceto. Ho introdotto qualche variante, dovuta alla mia origine sicula, ed eccola qui.

Ingredienti per quattro persone

arance, tarocco o navel, con buccia sottile
3 finocchi bianchi teneri, ben rotondi e con le foglie esterne non spugnose
filetti di acciughe salate a piacere (opzionali ma gradevoli per chi non è vegetariano)
50 grammi di capperi sotto sale
olio extra vergine di oliva
aceto balsamico
sale q.b.
pepe nero (opzionale)

Preparazione

Pelate le arance e tagliatele a fette tonde e poi in quattro spicchi, con un coltello molto affilato, in modo da non far perdere troppo succo.

Pulite e lavate i finocchi e usate soltanto la parte tenera e senza fibre.

Tagliateli a fettine spesse circa 3 millimetri (come le arance).

Dissalate i capperi. Dopo averli sgrondati dal sale, poneteli in un pentolino con molta acqua fredda, accendete il fuoco, portate a ebollizione quindi spegnete subito. Lasciate raffreddare, poi scolate e sciacquate più volte in acqua fredda, spremendoli lievemente, fino a quando non abbiano perduto il sapore salato, e mescolate con arance e finocchi.

Pulite le acciughe, lavatele e ponetele sul piatto a guarnire l’insalata.

Condite con sale, olio e qualche goccia di aceto balsamico, e, se gradito, del pepe nero macinato all’istante.

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Il Gastronomo educato: Due antipasti di terra e mare. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-due-antipasti-di-terra-e-mare/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-due-antipasti-di-terra-e-mare/#comments Wed, 21 Jan 2015 08:56:30 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=27144 Insalata di acciughe e arance tarocco e crostini con ricotta di pecora e uova di pesce.

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Due antipasti di terra e mare

Dedico la rubrica di oggi a due antipasti che combinano prodotti di terra e di mare.

Sfiziosi, leggeri, saporiti e nutrienti.

Il primo, insalata di acciughe e arance tarocco, è tipico della tradizione siciliana.

Il secondo, crostini con ricotta di pecora e uova di pesce, è una contraffazione del classico crostino con caviale, con la sostituzione della ricotta a burro (e anche, per chi non può permettersi il caviale, delle uova di pesce, possibilmente mediterraneo, a quelle dello storione).

Le foto mostrano in maniera chiara la presentazione e anche la composizione, ma qualche dettaglio sarà utile per favorire la preparazione di queste ricette, che si prestano a una cena improvvisata per la loro velocità di esecuzione.

L’insalata di arance e acciughe era un classico della dieta povera dei contadini siciliani.

Accompagnata da buon pane di semola di grano duro, contiene tutti gli ingredienti per un pasto completo. Proteine animali (pesce sotto sale), verdura (la cipolla fresca, l’aglio, il prezzemolo e i capperi tritati), frutta (le arance, raccomandando i tarocchi per le loro proprietà antiossidanti).

Ho usato capperi di Salina, le ottime acciughe sotto sale che prepara artigianalmente la Bruna Venturi della pescheria ‘A Lampara, di Santa Marina Salina, arance tarocco della Piana di Catania e ho aggiunto un po’ di pinoli sminuzzati, condendo il tutto con dell’olio extravergine di oliva della Valle del Belice.

In quanto ai crostini con ricotta e uova di pesce, è necessario che la ricotta sia di pecora, per dare il giusto grado di acidità alla preparazione.

Fatene una crema amalgamandola con latte di mucca, e spalmate i crostini.

Se non avete caviale e non vi piace sostituirlo con le uova di lompo, prendete delle uova fresche di pesce, spezzate le sacche e fatele cuocere velocemente in padella con olio d’oliva, aglio e prezzemolo per non più di 2-3 minuti, quindi ponetele sulla ricotta che avrete spalmato sui crostini.

Se anche questo non è possibile, utilizzate della bottarga di tonno o di muggine, grattugiata al momento.

Coloro che hanno un’intolleranza al glutine possono sostituire i crostini con del riso a grana lunga, possibilmente Basmati, lessato al dente con poco sale, scolato e raffreddato immediatamente per tenerlo al dente, condito con olio, accomodato in un piatto sul quale porranno una spruzzata di uova di pesce, la ricotta e ancora un’altra spruzzata di uova di pesce.

crostini con uova di pesce

 

Accompagnerei il tutto con un Traminer aromatico.

 

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Il Gastronomo educato: “Insalata di gamberi con monstera deliciosa”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-insalata-di-gamberi-con-monstera-deliciosa/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-insalata-di-gamberi-con-monstera-deliciosa/#comments Wed, 14 Jan 2015 10:17:09 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=26918 Una ricetta che ci porta in viaggio sull’onda dei ricordi, dalla Sicilia al Messico e ritorno.

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Insalata di gamberi con monstera deliciosa

Qualche anno addietro (forse tanti) a Catania il mio amico Saro mi raccontò che nella tradizione di cucina siciliana esisteva un’insalata a base di melagrana, ma non mi seppe dare la ricetta.

O forse son io che non la ricordo.

Così per tanti anni mi affannai a cercarla, senza esito, e ancora oggi non trovo nulla che mi rievochi ciò che lui mi raccontò.

Da quel momento però ho provato per tanti anni a fare quell’insalata, e ne son venute fuori molte varianti.

Quella che vi propongo oggi è la prima che feci, ormai trentacinque anni addietro, quando abitavo a Catania e nel piccolo giardino di casa mia si trovava una grande pianta di monstera deliciosa.

Per chi non sapesse cos’è tale pianta dirò che è meglio conosciuta con il nome di filodendro pertusum, come pianta d’appartamento, dove non fruttifica. Piantata all’aperto, nei climi caldi del Mediterraneo, produce frutti a forma di pannocchia e dal sapore che ricorda un misto di banana, ananas e mango. Per fruttificare impiega un anno circo, da quando l’infiorescenza (chiamata spata per la forma simile all’elsa di una spada) si apre esponendo il frutto, fino a quando la pannocchia diventa gonfia e togliendo la scorza in forma di scudetti si ricavano i piccoli frutti cuneiformi.

Un paio d’anno dopo mi capitò di andare in Messico e scoprii che la pianta, originaria del paese, era coltivata in quel clima tropicale proprio per i frutti e ne provai il sapore che non differiva da quello delle piante del mio giardino.

I chicchi di melagrana si accoppiano bene con la monstera deliciosa, perché hanno un retrogusto lievemente acido che si armonizza con quello dolce del frutto tropicale.

Si dispongono chicchi di melagrana e monstera deliciosa in una ciotola.

Pensai poi di aggiungere dei peperoni di tre colori (rosso verde e giallo) e un cuore di sedano bianco, tagliati a dadini, e disposti in un’altra ciotola, conditi con sale, olio d’oliva dal sapore neutro, e succo di limone.

A parte, dopo aver lessato i gamberi in acqua lievemente salata, sgusciarli e accomodarli sopra peperoni e sedano.

Aggiungere i frutti di monstera deliciosa e i chicchi di melagrana.

L’insalata può essere accompagnata da una salsa fatta con poca maionese, panna acida e senape, o meglio, per conservare la fedeltà all’origine della pianta, con una crema di guacamole ricavata da un avocado ben maturo.

Mi è chiaro che non sarà semplice trovare i frutti di monstera deliciosa, ma ciò non deve scoraggiarvi dal preparare questo piatto.

Fate come me, che, non vivendo più a Catania, non trovo quei frutti: sostituiteli con il mango, come ho fatto per la cena della vigilia di Natale.

E mentre la preparate, provate a immaginare come si possa viaggiare sull’onda dei ricordi, dalla Sicilia al Messico e ritorno.

Qui le ricette precedenti:

Cucinare con gli avanzi delle feste

Lasagne verdi di zucca

Due ricette fusion per la cena della vigilia

Risotto con zucca alla mantovana

Risotto in rosa con crema di scorfanotti

Tartare di manzo

Sotto il sole giaguaro

Cozze e corona

Farfalle con guanciale e zucchine/

Calamari ripieni con macco e finocchietto

Tagliata di controfiletto con funghi porcini

Alalunga con sesamo, zenzero e semi di papavero

Un matrimonio fra Nettuno e Cerere

Minestra di gamberetti e ceci

Tortino di baccalà e patate

Pasta con fegatelli e uova di pesce

Minestra di patate, riso e pesto

La marmellata di more

La marmellata di limoni

Nodini di aguglia imperiale al burro curcuma e limone

Scorfani e scorfanotti

Trenette con le uova di polpo

Totani

Riso con gamberi al burro, zenzero e coriandolo

Gemelli con pesce spada e fiori di zucca allo zafferano

Tonno sott’olio

Minestra del viandante di mare

Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

Uova in guazzetto di telline

Tagliatelle verdi con salsa di masculini

Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

Caponatina-di-primavera

Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana

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Il Gastronomo educato: Due ricette fusion per la cena della vigilia. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-due-ricette-fusion-per-la-cena-della-vigilia/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-due-ricette-fusion-per-la-cena-della-vigilia/#comments Wed, 17 Dec 2014 12:18:06 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=26371 Sapori esotici per i piatti a base di rana pescatrice, mango e gamberi. Buon Natale!

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Due ricette fusion per la cena della vigilia

Mi ero riproposto di scrivere la ricetta di oggi dedicandola alle lasagne di zucca.
Ma oggi è mercoledì 17, e il prossimo mercoledì 24 sarà troppo tardi per proporre un piatto per la vigilia di Natale.
Così ho deciso di posporre al prossimo mercoledì la ricetta che avrei dovuto scrivere oggi.

Com’è noto la sera della vigilia si mangia “magro”. Niente carne, molte verdure e una dieta leggera, retaggio dell’astinenza dal cibo predicata da molte religioni in occasione dell’avvicinarsi di determinate festività.

Col tempo il digiuno è stato sostituito dal divieto di mangiar carne e quest’ultima è stata sostituita dal pesce.

Oggi in molti paesi del mondo la sera della vigilia si mangia pesce, e dunque non è inappropriato suggerire delle ricette “fusion”, che uniscono la tradizione mediterranea con quella orientale.

Propongo dunque un risotto al mango con coda di rospo e gamberi, seguito da una coda di rospo stufata con agrumi.

Ingredienti per 4 persone

una coda di rospo (rana pescatrice) di un kg
200 grammi di gamberi sgusciati
100 grammi di burro
300 grammi di riso Basmati
un mango ben maturo
latte di cocco o polvere di cocco
un bicchiere di vino bianco secco
una cipolla bianca di dimensioni medio-grandi
erba limonina (“erba Luisa”)
zenzero grattugiato e aglio in polvere
un’arancia
un limone
un pizzico di curry giallo
dado di pesce
sale q.b.

Preparazione

In primo luogo preparate la coda di rospo.

Se non trovate una coda di rospo potete utilizzare uno scorfano, una gallinella o una cernia.

In un tegame ponete mezza cipolla finemente tritata insieme con alcune fette di arancia e di limone (utilizzatene una metà), 40 grammi di burro e mezzo bicchiere di vino bianco secco.

Aggiungete un po’ di dado di pesce e fate cuocere a fuoco lento fino a quando non sia cotta, eventualmente aggiustando di sale.

Tagliate a pezzetti, dopo aver eliminato l’osso centrale, una fetta di circa 150 grammi e utilizzatela per il risotto.

Tagliate il resto in fette da servire come secondo, togliendo le fette di arancia e di limone e ponendo da parte, per il risotto, una parte del brodo di cottura.

Ponete le fette in una teglia da forno coprendole con il brodo. Le riscalderete in forno prima di servire, accompagnandole con fette di arancia, ed eventualmente con un contorno di patate al vapore.

Utilizzate l’altra parte del brodo di cottura per preparare il risotto.

In primo luogo, in un tegame scottate i gamberi con 20 grammi di burro e un pizzico di aglio in polvere.

Tenetene alcuni da parte per guarnire i piatti e tagliate a pezzetti gli altri.

Sbucciate e tagliate a fette il mango.

Utilizzate alcune fette, in forma di sottili mezzelune, per guarnire i piatti, e tagliate le altre a dadini.

Preparate il brodo di cottura del riso con acqua e latte di cocco (o polvere di cocco), un po’ di dado di pesce, e l’erba limonina. Se non trovate l’erba limonina, sostituitela con 2 fettine di limone (inclusa la scorza) che toglierete prima di versare il brodo nel riso.

In un tegame antiaderente con 40 grammi di burro fate soffriggere a fuoco lento il resto della cipolla, tritata molto finemente, quindi aggiungete il riso Basmati che tosterete velocemente.

Aggiungete la parte del brodo di cottura della coda di rospo che avrete messo da parte, e nella quale avrete spremuto le fette di arancia e di limone che ne facevano parte, quindi versate il brodo (dal quale avrete tolto l’erba limonina o le fettine di limone) e fate cuocere lentamente per il tempo previsto dalle istruzioni per il riso.

A metà cottura aggiungete la fetta di coda di rospo tagliata e pezzetti, i gamberi a pezzetti e metà dei dadini di mango.

Due minuti prima di fine cottura aggiungete un po’ di curry e lo zenzero. A fine cottura il resto dei dadini di mango.

Assaggiate e verificate che si sentano tutti i sapori e che vi sia un buon equilibrio tra dolce, piccante, acido e salato. Eventualmente aggiustate con succo di limone o arancia, oppure aggiungendo zenzero o curry.

Servite guarnendo i piatti con i gamberi interi e le fette di mango.

Se non volete accompagnare con tè verde, usate del Traminer aromatico, oppure, se preferite le bollicine, con uno spumante metodo classico demi-sec.

Buon Natale!

 

 

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Il Gastronomo educato: “Risotto in rosa con crema di scorfanotti”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-risotto-in-rosa-con-crema-di-scorfanotti/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-risotto-in-rosa-con-crema-di-scorfanotti/#comments Wed, 03 Dec 2014 10:48:18 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=26039 Detti anche “chicchiriddì” o “occhibeddi”, danno a questo primo piatto un sapore unico.

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In una precedente ricetta, proposta il 6 agosto del 2014, avevo suggerito un modo di cuocere gli scorfanotti (“chicchiriddì” detti anche “occhibeddi” in gergo locale) in zuppa, diverso dalla tradizione siciliana, ma più vicino alla bouillabaisse francese. Riprendo adesso quell’idea per suggerire un risotto preparato con i pesci cotti in quel modo.

Ingredienti per 4 persone

400 grammi di scorfanotti

30 grammi di burro

1 cipolla bianca di buone dimensioni
uno spicchio d’aglio
prezzemolo finemente tritati
mezzo bicchiere di vino bianco secco
una bustina di zafferano
2 cucchiai di passata di pomodoro siccagno di Sicilia
un limone non trattato
1 foglia d’alloro
poco sale
un bicchierino di latte
riso vialone nano o carnaroli: 350 grammi (oppure seguite il metodo di mia madre: una tazzina da caffè per ogni persona più una tazzina per la pentola, se si è in quattro. La pentola, “a pignata” in catanese, richiede ovviamente una tazzina e mezzo se si è in sei, due tazzine se si è in otto, e così via)
zenzero fresco

Preparazione

Lessate gli scorfanotti dopo averli squamati, sventrati togliendo anche la pellicina nera della cavità addominale, e risciacquati ben bene.

Portate ad ebollizione tanta acqua quanta ve ne servirà per cuocere il riso, con pochissimo sale, una foglia d’alloro e una scorza di limone, quindi adagiate gli scorfanotti e fateli cuocere a fuoco dolce per dieci minuti, cinque per parte.

Toglieteli dal fuoco, separateli dal brodo con un ramaiolo e lasciateli raffreddare.

Filtrate il brodo e mettetelo da parte.

Diliscate e spinate accuratamente i pesci. Potete lasciare la pelle se li avrete squamati bene, perché dà sapore e colore.

Con il frullatore a immersione frullate il pesce con il latte e la passata di pomodoro ed eventualmente un po’ di brodo, in modo da formare una crema semiliquida.

Intanto in un tegame antiaderente che vi servirà per preparare il risotto fate rosolare l’aglio con il burro.

Toglietelo e aggiungete la cipolla con un po’ d’acqua.

Fatela cuocere finché non diventa quasi una crema, lavorandola con il cucchiaio di legno, ed eventualmente aggiungendo brodo di pesce di tanto in tanto.

A quel punto aggiungete un abbondante trito di prezzemolo, fate soffriggere per un minuto e sfumate con il vino bianco secco.

Nel frattempo avrete portato ad ebollizione il brodo di pesce.

Fate tostare il riso nel tegame con la crema di cipolla e aggiungete due mestoli di brodo.

Rimescolate e fate cuocere aggiungendo del brodo di pesce di tanto in tanto.

Cinque minuti prima di fine cottura aggiungete la crema di scorfanotti frullati e un minuto prima di spegnere il fuoco, la bustina di zafferano.

Guarnite i piatti con fettine di limone e striscioline di zenzero fresco.

Accompagnate con un Malvasia di Salina secco, o con un Greco di tufo.

 

 

 

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Il Gastronomo educato: oggi “Tartare di manzo”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-tartare-di-manzo/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-tartare-di-manzo/#comments Wed, 26 Nov 2014 08:14:37 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=25846 Si dice che l’uso di mangiare la carne cruda, tagliata a piccoli pezzi e condita in vario modo, sia stato introdotto in Europa attraverso la città di Amburgo...

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Tartare di manzo

Si dice che l’uso di mangiare la carne cruda, tagliata a piccoli pezzi e condita in vario modo, sia stato introdotto in Europa attraverso la città di Amburgo.

In quel porto arrivavano, dalla Russia, grandi quantità di carne macinata, conservata in scatola. Gli abitanti di quella città cominciarono a farne uso preparando dei medaglioni da friggere o grigliare.

Nacquero così gli hamburger, e contemporaneamente si diffuse l’uso di mangiare cruda la carne tritata o macinata.

Preferisco usare il primo termine, perché il secondo, in uso in Emilia, può generare equivoci, come quello ben noto dello studente di storia che, nel corso di un esame universitario, richiesto dal docente di spiegare cosa fosse la tassa sul macinato (cioè sulla molitura delle farine di grano e frumento) che aveva creato tanti tumulti popolari nell’Italia post-unitaria, rispose che si trattava della tassa sulla carne per fare il ragù.

Ovviamente non era particolarmente esperto in storia dell’alimentazione.

Nella mia città natale, Catania, il tritato (termine italiano cui in famiglia si teneva molto) si chiama “capuliatu”, e la macchina per farlo “capuliaturi”.

Da qui le espressioni molto usate nei confronti di persone che non si amano particolarmente, del tipo “ti capuliassi” oppure “ti passassi ‘nto capuliaturi”, il cui equivalente italiano, del tipo “ti triterei” o “ti getterei nel tritacarne” rende molto lievemente, anche per il suono, la terribile minaccia di quel modo di apostrofarti.

Minaccia che ho ben compreso soltanto in tarda età, guardando la scena finale di Fargo, il film dei fratelli Cohen.

Ma veniamo alla ricetta di oggi, per l’appunto la tartare di manzo, un piatto fresco, di facile preparazione e molto gustoso che ha un’infinità di varianti. Ne propongo una fra le tante.

Ingredienti per 4 persone

800 grammi di polpa di manzo freschissima; l’ideale è il filetto, ma potete usare anche lo scamone

4 tuorli d’uovo (opzionale)

4 cucchiai d’olio d’oliva dal sapore neutro

il succo di mezzo limone

2 cucchiaini di senape di Digione

2 cucchiai di capperi sotto sale ben dissalati

1 cucchiaio di salsa Worcester

1 piccola cipolla bianca

un mazzetto di prezzemolo

sale e pepe nero q.b.

un bicchierino di brandy o cognac

per guarnire: soncino (valeriana) ed erbette

Preparazione

Macinate la carne a grana grossa. L’ideale è tagliarla a coltello dopo averla privata di eventuali residui di grasso, filamenti o nervetti. Per la riuscita del piatto infatti la carne dev’essere talmente morbida da sciogliersi in bocca.

Dopo averla tagliata a pezzetti, battetela con un grosso coltello da cucina.

Preparate un trito con il prezzemolo, i capperi, la cipolla, due cucchiai di olio, il succo di limone, la salsa Worcester, la senape, il brandy, sale e pepe.
Se amate aggiungere il tuorlo d’uovo, per una migliore presentazione del piatto va messo alla fine, creando un piccolo incavo nella carne ed adagiandolo sopra, con un po’ di sale, pepe e qualche goccia di succo di limone per togliere l’odore d’uovo. Altrimenti potete incorporare i tuorli con la carne, o infine non usarli per evitare eccessi di calorie e colesterolo.

Incorporate il trito con la carne e amalgamate bene.

Dividete la carne in 4 porzioni e ponetele in uno stampo rotondo a riposare per qualche minuto in frigo.

A parte preparate la guarnizione.

Lavate e asciugate i mazzetti di soncino (valeriana), e saltate in padella con 2 cucchiai d’olio le erbette dopo averle lavate ben bene per eliminare i resti di sabbiolina che di solito presentano.

Sul piatto formate un letto di foglie di soncino, adagiatevi sopra la carne e accompagnate con le erbette. Il piatto si presenterà come nella foto (dove però manca il soncino che non ho trovato).

Il vino raccomandato è un Merlot, un Nero d’Avola, un Sangiovese, un Cabernet Sauvignon, un Negramaro del Salento o un Nebbiolo.

 

Qui le ricette precedenti:

Sotto il sole giaguaro

Cozze e corona

Farfalle con guanciale e zucchine/

Calamari ripieni con macco e finocchietto

Tagliata di controfiletto con funghi porcini

Alalunga con sesamo, zenzero e semi di papavero

Un matrimonio fra Nettuno e Cerere

Minestra di gamberetti e ceci

Tortino di baccalà e patate

Pasta con fegatelli e uova di pesce

Minestra di patate, riso e pesto

La marmellata di more

La marmellata di limoni

Nodini di aguglia imperiale al burro curcuma e limone

Scorfani e scorfanotti

Trenette con le uova di polpo

Totani

Riso con gamberi al burro, zenzero e coriandolo

Gemelli con pesce spada e fiori di zucca allo zafferano

Tonno sott’olio

Minestra del viandante di mare

Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

Uova in guazzetto di telline

Tagliatelle verdi con salsa di masculini

Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

Caponatina-di-primavera

Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana

 

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Il Gastronomo educato: “Sotto il sole giaguaro”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-sotto-il-sole-giaguaro/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-sotto-il-sole-giaguaro/#comments Wed, 19 Nov 2014 08:49:09 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=25630 La ricetta a base di gamberi e avocado trae ispirazione dall'omonimo racconto di Italo Calvino ed é dedicata a chi a tavola vuole sedurre.

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Sotto il sole giaguaro

Nel racconto che porta questo titolo, Italo Calvino narra di una coppia che ritrova la passione e la reciproca attrazione durante una vacanza in Messico, consumando cibo messicano.

È uno dei tre racconti dedicati ai cinque sensi (due non furono mai scritti), che dà anche il titolo al volume che li contiene. Mentre il narratore attribuisce questa riscoperta della passione al cibo, noi in realtà non sappiamo se questo è stato il vero fattore scatenante, ovvero lo sono stati il paesaggio, l’ambiente, o il fatto stesso di essere in vacanza.

Come si sa, la vacanza è il luogo della mente dove nascono, muoiono e risorgono le passioni. Non sappiamo, ma in realtà ci piace pensare che sia così, perché esiste una stretta relazione tra erotismo e cibo, tra cibo e sessualità.

Basti pensare ad un film come “La grande abbuffata” di Marco Ferreri, o alle “Ricette immorali” di Vazquez Montalban, solo per citare alcuni esempi del legame tra cibo ed eros.

Ma ci piace pensarlo anche perché la convivialità di una cena a due ben si concilia con la creazione di atmosfere favorevoli all’incontro dei sensi, e non soltanto limitandosi al gusto, ma anche all’olfatto, al tatto, alla vista, all’udito (“la voce sua soave…”).

Sono quelle situazioni del tutto speciali in cui l’altra/l’altro ci appare come un essere unico al mondo. E certamente la cucina messicana, per il largo uso che fa di “chili” (peperoncino), e di cioccolata, noti vasodilatatori, favorisce gli incontri erotici.

Così il piatto che propongo oggi è ispirato a quella cucina, ed è un antipasto/piatto unico a base di gamberi ed avocado.

I gamberi, come tutti i crostacei, soprattutto se mangiati con le loro uova, hanno un elevato potere di eccitazione dei sensi, ma al pari di tutti gli altri crostacei sono ricchi di colesterolo.

L’avocado è ricco di omega3 e dunque la loro combinazione è ideale per un piatto equilibrato. Considerate inoltre che 100 grammi di avocado apportano un contributo calorico di oltre 200 calorie, questo piatto fornisce tutte le calorie necessarie per un pasto completo.

Dosi e preparazione

Calcolate 24 mazzancolle di generose dimensioni per due persone.

Un avocado ben maturo

Sale, olio di palma, il succo di un limone, due o tre filetti di pomodoro fresco o pelato di buona qualità

50 grammi di cioccolato fondente amaro al 90 per cento di cacao, una noce di burro, 6 cucchiai di latte, peperoncino in polvere, Tabasco

 

Preparate la crema di avocado (“guacamole”).

Tagliate l’avocado in due per il lungo attorno al torsolo.

Usate solamente attrezzi di legno e ceramica perché l’avocado si ossida facilmente.

Togliete la buccia oppure ricavate la polpa scavando con un cucchiaino dentro le due metà.

Mettete i pezzi in una ciotola e versate immediatamente il succo di limone per evitare l’ossidazione.

Lavorate i pezzi con un cucchiaio o forchetta di legno, aggiungendo due/tre filetti di pomodoro tagliati a pezzetti, due cucchiai d’olio, possibilmente di palma, sale e qualche goccia di Tabasco.

Quando sarà ridotto a una crema aggiustate con eventuali aggiunte e coprite la ciotola con pellicola.

A parte fate scottare in acqua bollente non salata le mazzancolle, per circa 5 minuti.

Scolate, sgusciate e condite con un filo d’olio e una spruzzata di limone.

Mettete i gamberi nel piatto e guarnite con il guacamole.

Preparate poi la crema di cioccolato.

Spezzate la tavoletta di cioccolato in minuscoli pezzetti e ponetela in una ciotola con una noce di burro e 6 cucchiai di latte.

Fate scaldare a bagnomaria, e quando comincerà a liquefarsi aggiungete del peperoncino finemente tritato.

Amalgamate con un cucchiaio e quando sarà del tutto liquefatto togliete dal fuoco per evitare che il calore la faccia rapprendere.

Completate il piatto con la crema di cioccolato e servite in tavola.

Se volete mangiare alla messicana usate dei tacos o delle tortillas di mais.

Accompagnate il piatto con del buon prosecco o del bianco secco un po’ fruttato, senza esagerare, perché, come sosteneva Shekespeare, il vino esalta il desiderio ma rende più difficile il soddisfarlo.

Ma se volete sentirvi in Messico, scegliete una birra bionda, Corona, Sol o Modelo Especial (la mia preferita), bevuta rigorosamente dal collo della bottiglia in cui sia stata inserita una fettina di lime o limone verdello.

E se non trovate una birra messicana, provate con una Hefe-Weiss, sempre con la fettina di limone.

La sua trasparenza torbida darà un tocco che ben si abbina con l’atmosfera della serata.

 

Qui le ricette precedenti:

Cozze e corona

Farfalle con guanciale e zucchine/

Calamari ripieni con macco e finocchietto

Tagliata di controfiletto con funghi porcini

Alalunga con sesamo, zenzero e semi di papavero

Un matrimonio fra Nettuno e Cerere

Minestra di gamberetti e ceci

Tortino di baccalà e patate

Pasta con fegatelli e uova di pesce

Minestra di patate, riso e pesto

La marmellata di more

La marmellata di limoni

Nodini di aguglia imperiale al burro curcuma e limone

Scorfani e scorfanotti

Trenette con le uova di polpo

Totani

Riso con gamberi al burro, zenzero e coriandolo

Gemelli con pesce spada e fiori di zucca allo zafferano

Tonno sott’olio

Minestra del viandante di mare

Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

Uova in guazzetto di telline

Tagliatelle verdi con salsa di masculini

Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

Caponatina-di-primavera

Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana

 

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Il Gastronomo educato: oggi “Farfalle con guanciale e zucchine”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-farfalle-con-guanciale-e-zucchine/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-farfalle-con-guanciale-e-zucchine/#comments Wed, 05 Nov 2014 08:25:52 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=24953 Una ricetta per chi deve preparare velocemente un piatto che contenga tutti i nutrienti di un pasto completo.

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Farfalle con guanciale e zucchine

La ricetta dei calamari ripieni accompagnati da macco di fave fresche ha riscosso un notevole apprezzamento fra i lettori, ma non è stata esente da qualche critica.

Una in particolare faceva riferimento alla complessità della preparazione per il dispendio di tempo.

Per venire incontro dunque alle esigenze di chi magari deve preparare velocemente un piatto che contenga tutti i nutrienti di un pasto, sospendo temporaneamente il tema del connubio tra legumi e mare e propongo una ricetta di pasta veloce e gustosa, il cui tempo di preparazione non supera i 25 minuti.

Ingredienti per 4 persone

100 grammi di guanciale di maiale
4 cipolline fresche oppure due scalogni o un porro
4 zucchine chiare
50 grammi di burro
mezzo bicchiere di vino bianco secco
50 grammi di parmigiano o grana grattugiato
sale e pepe nero macinato q.b.
300 grammi di pasta corta, preferibilmente farfalle

Mettete sul fuoco l’acqua per la pasta e nel frattempo preparate il condimento.

In una capiente padella antiaderente, nella quale salterete la pasta, ponete le cipolline (o scalogni o porro) finemente tritati con il burro e un po’ d’acqua e lasciate ammorbidire.

Tagliate il guanciale in fettine di 2-3 millimetri di spessore, poi a striscioline di uguale spessore e infine ricavatene dei cubetti.

Aggiungete il guanciale quando l’acqua si sarà parzialmente asciugata e fate cuocere per qualche minuto a fuoco lento in modo che rilasci parte del grasso.

Intanto tagliate le zucchine in quattro parti per il lungo, e dopo, a fettine sottili.

Fate soffriggere il guanciale per qualche minuto fino a quando l’acqua si sarà asciugata, ma lasciandolo morbido, quindi aggiungete le zucchine e salatele subito (ma non troppo) per evitare che si spappolino.

Rimescolate delicatamente, alzate il fuoco e fate soffriggere allegramente aggiungendo il vino bianco alla fine per sfumare.

Aggiungete del pepe nero macinato, se lo gradite e se quello contenuto nel guanciale non vi sembra sufficiente.

Cuocete la pasta aggiungendo poco sale alla fine per mantenerla al dente, scolate e saltate in padella con il condimento.

Servite aggiungendo il parmigiano o grana.

 

Qui le ricette precedenti:

Calamari ripieni con macco e finocchietto

Tagliata di controfiletto con funghi porcini

Alalunga con sesamo, zenzero e semi di papavero

Un matrimonio fra Nettuno e Cerere

Minestra di gamberetti e ceci

Tortino di baccalà e patate

Pasta con fegatelli e uova di pesce

Minestra di patate, riso e pesto

La marmellata di more

La marmellata di limoni

Nodini di aguglia imperiale al burro curcuma e limone

Scorfani e scorfanotti

Trenette con le uova di polpo

Totani

Riso con gamberi al burro, zenzero e coriandolo

Gemelli con pesce spada e fiori di zucca allo zafferano

Tonno sott’olio

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Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

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Gnocchi con cozze e pesto di basilico

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Il Gastronomo educato: “Calamari ripieni con macco e finocchietto”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-calamari-ripieni-con-macco-e-finocchietto/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-calamari-ripieni-con-macco-e-finocchietto/#comments Tue, 28 Oct 2014 18:44:46 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=24802 Una ricetta che coniuga la sapidità del ripieno con la dolcezza della crema di accompagnamento.

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Calamari ripieni con macco di fave fresche e finocchietto di campo

Per la ricetta di oggi riprendo il tema dell’accoppiamento tra prodotti del mare e legumi.

Se si scorrono i libri di ricette delle varie cucine regionali italiane, si scoprirà che non c’è praticamente nessuna delle regioni che hanno uno sbocco sul mare a non avere una ricetta di calamari o totani ripieni. Anzi le ricette abbondano, perché il ripieno dà la possibilità di variare gli ingredienti che lo compongono e di accoppiarli con varianti pressoché illimitate.

Ad esempio, soltanto nelle isole Eolie esistono moltissimi e svariati modi di preparare il ripieno per i totani, e nella sola località di Malfa, a Salina, io personalmente ne avrò provati almeno una decina.

Questa ricetta di calamari ripieni coniuga la sapidità del ripieno con la dolcezza della crema di accompagnamento.

Ingredienti per 4 persone

1,2 kg di calamari (possibilmente 8 calamari di piccole dimensioni)
olio extra vergine di oliva
il succo di mezzo limone e di mezza arancia

Per il ripieno

50 grammi di capperi sotto sale
50 grammi di pomodori secchi
2 spicchi d’aglio
1 cipolla rossa media
menta e prezzemolo in dosi variabili
1 bicchiere di vino rosso
olio extra vergine d’oliva
scorza di mezzo limone grattugiata
pangrattato atturratu (abbrustolito)
100 grammi di mandorle tritate

Per il macco di fave fresche

1 kg di fave fresche sgusciate (anche surgelate)
1 cipolla rossa grossa
1 bicchiere di vino bianco secco
olio extra vergine d’oliva
sale q.b.
3 ciuffi teneri di finocchietto selvatico

Preparazione

Pulite i calamari, facendo attenzione soprattutto alla sabbia che talvolta è presente. Separate testa e tentacoli dalla sacca. Togliete gli occhi, gli organi interni, la cartilagine che regge la sacca, il becco e la bocca, e infine la pelle.

Sciacquateli sotto abbondante acqua corrente e fate una piccola incisione nella parte finale della sacca per svuotarla del tutto da piccoli residui.

Separate da ciascuna sacca le due ali che stanno in coda e mettetele da parte insieme con i due tentacoli lunghi di ciascun calamaro.

Lessate queste parti in acqua senza sale, scolatele e mettetele da parte. Vi serviranno per la decorazione del piatto.

In un tegame mettete le fave con olio e la cipolla rossa grande finemente tritata. Aggiustate di sale e 5 minuti prima che siano cotte sfumate con il vino bianco facendolo asciugare. Ciò darà il giusto sapore dolce e lievemente acido.

Fate raffreddare e frullate, aggiungendo il finocchietto tritato per ottenere il macco di fave.

Tritate a pezzetti piccoli le teste con i ciuffi dei tentacoli e fateli rosolare in padella con l’olio, la cipolla e l’aglio finemente tritati.

Aggiungete il vino rosso e fate cuocere a fuoco allegro fino a cottura ultimata quando il sugo sarà sufficientemente denso.

Nel frattempo dissalate i capperi mettendoli in un pentolino con abbondante acqua e portandoli ad ebollizione.

Quando iniziano a bollire versate i pomodori secchi, riportate ad ebollizione e spegnete.

Sciacquate più volte in acqua fredda e mettete a scolare.

Tritate capperi e pomodori secchi con la menta e il prezzemolo e poneteli nel bicchiere del frullatore ad immersione, quindi aggiungete il succo di limone e d’arancia, un po’ d’olio e frullateli grossolanamente.

Versate tutto in una ciotola, aggiungete le mandorle tritate, la scorza di limone grattugiata, il pangrattato atturrato e i tentacoli di calamari cotti al vino.

Amalgamate, e verificatene la quantità (deve restarne una parte per far cuocere i calamari) e la consistenza. Il ripieno dev’essere non troppo liquido perché altrimenti non riuscite a farcire, ma neanche troppo solido perché in cottura, assorbendo liquidi, si gonfierebbe rischiando di far esplodere le sacche di calamaro.

Prendete le sacche di calamaro, chiudete con uno stuzzicadenti l’incisione che avete fatto in coda per pulirli e riempiteli con il ripieno, che presserete dolcemente, lasciando circa un centimetro e mezzo libero per consentire la chiusura con un altro stuzzicadenti.

In un tegame sufficientemente ampio da contenerli tutti mettete i calamari ripieni con un po’ olio e un po’ del ripieno, che porrete anche su ciascun calamaro.

Fate cuocere a fuoco lento, coprendo con un coperchio che aderisca bene (e possibilmente di vetro) per garantire che cuociano gradualmente, senza rompersi e in maniera omogenea con il loro stesso vapore.

Servite guarnendo con le ali e i tentacoli lunghi e con il macco di fave fresche al finocchietto.

Anche se la preparazione di questo piatto sembra laboriosa, vi assicuro che ne varrà la pena, soprattutto se lo accompagnerete, come ho fatto io, con uno spumante italiano metodo classico, millesimato.

 

Qui le ricette precedenti:

Tagliata di controfiletto con funghi porcini

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La marmellata di more

La marmellata di limoni

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Il Gastronomo educato: Oggi “Tagliata di controfiletto con funghi porcini”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-tagliata-di-controfiletto-con-funghi-porcini/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-tagliata-di-controfiletto-con-funghi-porcini/#comments Wed, 22 Oct 2014 09:03:46 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=24585 Autunno, tempo di…funghi. Un ottimo piatto a base di carne da accompagnare con verdure fritte in pastella.

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Autunno, tempo di…funghi

La mia cucina s’ispira ai prodotti di stagione, e stavolta propongo un piatto adatto al periodo.

Chi va per funghi apprezzerà, ne sono certo, questa ricetta, ma anche coloro che si limitano a comprarli potranno gustare il delizioso sapore dei funghi accompagnati alla carne.

La mia ricetta è dedicata alla tagliata di controfiletto di vitellone con funghi porcini.

Ingredienti per 4 persone:

una fetta di controfiletto di vitellone adulto di 600 grammi di peso e dello spessore di 2,5-3 cm

aglio e prezzemolo finemente tritati (oppure cipollina fresca o scalogno)

olio extra vergine di oliva (oppure burro)

pepe, e sale in grani grossi

Preparazione

Pulite accuratamente i funghi porcini con uno spazzolino morbido o con un coltellino, per eliminare residui di terra e parti non commestibili. Non lavateli!

Utilizzate, per accompagnare il controfiletto, soltanto le cappelle, che tagliate a strisce di mezzo centimetro di spessore. Utilizzerete i gambi per preparare un sugo per il risotto, che, se gradite, potrete utilizzare per accompagnare la carne oppure per un pasto successivo.

Fate trifolare i funghi con aglio e prezzemolo in olio extra vergine di oliva fino a cottura ultimata, facendo attenzione a che non si attacchino. Per controllarli meglio utilizzate un tegame che li tenga tutti (senza sovrapposizioni delle striscioline) e non più grande. Utilizzate un coperchio ben aderente, possibilmente di vetro, per controllare la quantità di liquido che si forma. Quando sono cotti aggiungete un po’ di sale fino. Se preferite un sapore più morbido utilizzate, al posto di aglio e prezzemolo, cipolline fresche o scalogno. In questo caso sostituirete l’olio con il burro, che utilizzerete anche per cuocere il controfiletto.

Prendete dei grani di pepe e pestateli grossolanamente nel mortaio. Gran parte del successo di questa preparazione dipende dalla qualità del pepe. Scegliete un pepe che non bruci la lingua e il palato, ma dal sapore forte e persistente. Io ho provato del pepe di Kampot, acquistato durante un viaggio in Cambogia, un’indicazione geografica tipica veramente eccellente, ma presso una buona drogheria se ne possono trovare anche di altri tipi ugualmente buoni.

In una padella unta appena con olio (o con burro come detto in precedenza) fate cuocere a fuoco forte il controfiletto, girandolo una sola volta a facendo in modo che ne restino due terzi crudi con una bella crosta da entrambi i lati.

Tagliatelo in fette dello spessore di un centimetro, che sfregherete l’una con l’altra con un grano di sale grosso, e accomodate le fette in un piatto, accompagnandole con i funghi.

Spargete il pepe tritato grossolanamente sulle fette di tagliata, e a guarnire il piatto, e servite.

Ho preparato questo piatto domenica scorsa e il menù era completato da un antipasto di ortaggi e verdure fritte in pastella (cavolfiori, zucchine mignon, fiori di zucca e salvia) e per finire da un taleggio di capra.
Il tutto accompagnato da un eccellente Cabernet Sauvignon – Syrah.

 

verdure in pastella

 

Qui le ricette precedenti:

Alalunga con sesamo, zenzero e semi di papavero

Un matrimonio fra Nettuno e Cerere

Minestra di gamberetti e ceci

Tortino di baccalà e patate

Pasta con fegatelli e uova di pesce

Minestra di patate, riso e pesto

La marmellata di more

La marmellata di limoni

Nodini di aguglia imperiale al burro curcuma e limone

Scorfani e scorfanotti

Trenette con le uova di polpo

Totani

Riso con gamberi al burro, zenzero e coriandolo

Gemelli con pesce spada e fiori di zucca allo zafferano

Tonno sott’olio

Minestra del viandante di mare

Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

Uova in guazzetto di telline

Tagliatelle verdi con salsa di masculini

Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

Caponatina-di-primavera

Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana

 

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Il Gastronomo educato: “Minestra di gamberetti e ceci”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-minestra-di-gamberetti-e-ceci/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-minestra-di-gamberetti-e-ceci/#respond Wed, 01 Oct 2014 17:02:15 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=23897 La cucina mediterranea fa largo uso di legumi, secchi e freschi. In gran parte delle famiglie le proteine, i sali minerali e le vitamine contenute nei legumi sostituivano le proteine animali. Inoltre erano disponibili facilmente, a buon prezzo e si prestavano ad una varietà pressoché infinita di combinazioni.
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Minestra di gamberetti e ceci

La cucina mediterranea fa largo uso di legumi, secchi e freschi. In gran parte delle famiglie le proteine, i sali minerali e le vitamine contenute nei legumi sostituivano le proteine animali. Inoltre erano disponibili facilmente, a buon prezzo e si prestavano ad una varietà pressoché infinita di combinazioni. In aggiunta a verdure e pasta costituivano un alimento completo, e contribuivano ad un’alimentazione con basse quantità di colesterolo che preservava dalle malattie cardiache e dall’ipertensione.

È questo il motivo principale per il quale la dieta mediterranea è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità.

Quando si avevano a disposizione altri prodotti, in questo caso i gamberetti, i legumi venivano arricchiti nei modi più svariati. La minestra di gamberetti e ceci è un piatto gustoso e di facile preparazione.

Ingredienti per 4 persone

150 grammi di ceci secchi

200 grammi di pasta di piccolo formato (Conchigliette, farfalline, corallinignocchetti sardi)

100 grammi di gamberetti già sgusciati (circa 200 grammi interi)

olio evo (extra vergine d’oliva)

due spicchi d’aglio

un rametto di rosmarino

sale q.b.

Preparazione

Mettete in ammollo i ceci per circa 12 ore, poi lessateli con un po’ di sale, acqua quanto basta, uno spicchio d’aglio e un po’ di rosmarino. Se siete di fretta usate una confezione da 400 grammi di ceci in scatola che provvederete a risciacquare più volte in acqua fresca.

Una volta cotti separateli nella proporzione di un terzo e due terzi.

In una pentola in cui cuocerete la pasta sbollentate in acqua lievemente salata i gamberetti.

Quando l’acqua bolle versateli nella pentola e toglieteli con la schiumarola quando l’acqua torna ad ebollizione.

Frullate con il frullatore ad immersione un terzo dei ceci, aggiungendo un po’ dell’acqua dei gamberetti in modo da ottenere una crema poco densa.

Mettete a cuocere la pasta e intanto in una padella grande fate cuocere con dell’olio extra vergine i due terzi dei ceci, uno spicchio d’aglio (che toglierete) e le restanti foglie di rosmarino.

Scolate la pasta, aggiungetela ai gamberi e ceci in padella, poi aggiungete la crema di ceci. Se troppo densa, aggiungete ancora un po’ d’acqua di cottura della pasta.

Servite calda guarnendo con foglie di rosmarino.

 

 

 

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Il Gastronomo educato: oggi “Tortino di baccalà e patate”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-tortino-di-baccala-e-patate/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-tortino-di-baccala-e-patate/#comments Wed, 24 Sep 2014 10:34:24 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=23738 Nei miei ricordi d’infanzia il baccalà è associato a una numerosa serie di preparazioni: alla ghiotta, in insalata, semplicemente lessato con olio e limone e accompagnato da patate, fritto in pastella...
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Tortino di baccalà e patate

Nei miei ricordi d’infanzia il baccalà è associato a una numerosa serie di preparazioni: alla ghiotta, in insalata, semplicemente lessato con olio e limone e accompagnato da patate, fritto in pastella.

Certo non tante come pretendono di avere i portoghesi, i quali, con la stessa certezza con cui si crede in Dio, sostengono di avere una ricetta di baccalà per ciascun giorno dell’anno, ma comunque sufficienti per una dieta variata.

Il baccalà presentava allora, a differenza dello stoccafisso, il vantaggio di essere poco costoso, e inoltre era sempre disponibile, cosicché si poteva mangiare pesce anche nei giorni in cui il pesce scarseggiava a causa del maltempo.

La ricetta che vi propongo oggi è di facile preparazione e consente di preparare un piatto unico che, accompagnato da un’insalata, fa un pasto completo. Inoltre può essere mangiato sia caldo sia freddo.

Per prepararlo servono (per sei persone):

sei etti di piccoli pezzetti di baccalà ammollato

800 grammi di patate tagliate a fette

cipolla

foglie di sedano

olio extra vergine d’oliva

curcuma

due cucchiai di salsa di pomodoro

tre uova

sale e pepe q.b.

un bicchiere di vino bianco secco

pangrattato per foderare una teglia o stampo per forno

In una padella fate rosolare le cipolle tagliate a fette sottili con le foglie di sedano tritato (nel rapporto di quattro parti di cipolla per una di sedano).

Preparate intanto i pezzetti di baccalà. In Spagna e in Portogallo, dove la cultura del baccalà è grande, vendono già i pezzetti di baccalà sotto sale, che derivano dagli scarti della lavorazione, quando si preparano i grandi filetti, che secchi possono essere alti anche cinque centimetri. Se dunque non siete in quei fortunati luoghi, sminuzzate semplicemente dei filetti di baccalà ammollato che avrete in precedenza lessato per una decina di minuti, e fateli cuocere con il trito di cipolla e sedano quando sarà rosolato, aggiungendo di tanto in tanto un po’ di vino bianco secco e infine due cucchiai di salsa di pomodoro.

Quando sarà quasi cotto, ponetelo in una ciotola capiente, e lasciate raffreddare.

Nella stessa padella saltate in olio extra vergine le patate e a cottura quasi ultimate salatele moderatamente (tenete conto che il baccalà rimane salato anche dopo averlo ammollato e lessato).

Nella ciotola amalgamate le uova con il baccalà aggiungendo la curcuma e il pepe.

Preparate una teglia per forno oliandola e passandovi il pangrattato, quindi ponete uno strato di baccalà alternandolo con le patate e finendo con uno strato superiore di baccalà.

Ponete in forno per dieci minuti a 180 gradi e lasciate cuocere fino a quando non si sarà formata una crosticina dorata in superficie.

Se volete un piatto più veloce, diminuite la quantità di patate e aumentate le uova e preparate una frittata in padella.

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Il Gastronomo educato: oggi “Minestra di patate, riso e pesto”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-minestra-di-patate-riso-e-pesto/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-minestra-di-patate-riso-e-pesto/#comments Wed, 10 Sep 2014 12:01:27 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=23345 Un piatto saporito ma che vi aiuterà a riprendervi dagli eccessi delle vacanze, e che può essere gustato anche da coloro che soffrono di intolleranza al glutine.

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Minestra di patate, riso e pesto alla genovese

Care amiche e cari amici che seguite questa rubrica, devo confessarvi che dopo dieci giorni di incontri tra gastronomi, educati o meno, sento l’esigenza di un piatto semplice, che possa depurarmi l’organismo, e al contempo non sia tanto insipido da farmi tornare ai bagordi della settimana di ferie.

Insomma qualcosa dal gusto fresco, con ingredienti semplici ma saporiti, e che possa essere gustato anche da coloro che soffrono di intolleranza al glutine.

Eccovi dunque la mia minestra per il rientro dalle ferie estive, quando ancora si trova facilmente il basilico.

Preparazione

Mettete a bollire delle patate (una, di medie dimensioni, a persona) tagliate a dadini o a fette, come meglio preferite, in abbondante acqua lievemente salata.

Quando sono vicine alla cottura, ma ancora al dente, aggiungete del riso originario per risi bolliti. Considerate una tazzina da caffè a persona.

Fate completare assieme la cottura, aggiustando di sale. Potete scegliere se preferite la minestra brodosa o quasi asciutta.

Aggiungete del pesto alla genovese e del parmigiano o grana grattugiato. Gusterete un piatto saporito ma che vi aiuterà a riprendervi dagli eccessi delle vacanze.

A presto con nuove ricette.

 

 

 

 

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Il Gastronomo educato: oggi “Marmellata di more”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-marmellata-di-more/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-marmellata-di-more/#comments Thu, 28 Aug 2014 09:33:49 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=23015 Per la mia generazione gli anni del liceo e dell’università erano anche il tempo delle more.
Si andava, ragazze e ragazzi, sull’Etna per more e...
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Marmellata di more

Per la mia generazione gli anni del liceo e dell’università erano anche il tempo delle more.
Si andava, ragazze e ragazzi, sull’Etna per more e si aveva così modo di conoscersi, frequentarsi, amoreggiare.
Nascevano e finivano storie tra un assaggio e l’altro, mentre camicie, magliette, braccia e gambe pativano gli attacchi dei rovi.
Adesso per me il tempo delle more è il tempo delle passeggiate per mantenersi in forma, per scrutare la natura, e per raccogliere more in quantità per fare la marmellata.
Qui a Salina, lungo le piccole e strette valli che sfociano sulla strada provinciale e proseguono verso il mare, oppure salendo su per il monte Fossa delle felci, e in tanti altri posti si trovano ottime more.
Un salutare passeggiata in montagna, a respirare aria pura e fresca, al mattino, vi allungherà la vita e vi consentirà di fare dell’ottima marmellata.

Ingredienti

1 kg di more fresche

350 grammi di zucchero

mezzo bicchiere da vino di Corinto nero

Preparazione

In una pentola dai bordi alti (necessaria per evitare che gli schizzi della marmellata quando si addensa vi scottino le mani) mescolate le more pulite e lo zucchero.
(Se le more che avete raccolto non sono in quantità sufficiente potete congelarle fino a quando non ne avrete un chilo.
Congelatele dopo averle lavate velocemente in acqua. Conservano molto bene sapore profumi e aromi).

Portate ad ebollizione e lasciate bollire a fuoco lento per 15 minuti.

Spegnete e fate raffreddare a pentola coperta.

Quando saranno sufficiente fredde, frullate il tutto con il frullatore ad immersione.

Riportate ad ebollizione e fate bollire a fuoco lento fino a quando la marmellata non sarà densa al punto da esser pronta.

Aggiungete allora il mezzo bicchiere di Corinto nero, un vino che ha profumo di more e frutti di bosco, rimescolate velocemente, lasciate asciugare ancora qualche minuto.

Versate la marmellata nei vasetti puliti e sterilizzati, serrate strettamente il coperchio e capovolgeteli per farli andare sottovuoto.

Lasciate raffreddare, riportateli con il coperchio all’insù, verificate che siano sotto vuoto ed etichettateli con la data di produzione.

 

Qui le ricette precedenti:

La marmellata di limoni

Nodini di aguglia imperiale al burro curcuma e limone

Scorfani e scorfanotti

Trenette con le uova di polpo

Totani

Riso con gamberi al burro, zenzero e coriandolo

Gemelli con pesce spada e fiori di zucca allo zafferano

Tonno sott’olio

Minestra del viandante di mare

Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

Uova in guazzetto di telline

Tagliatelle verdi con salsa di masculini

Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

Caponatina-di-primavera

Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana

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Il Gastronomo educato: “Nodini di aguglia imperiale al burro, curcuma e limone”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-nodini-di-aguglia-imperiale-al-burro-curcuma-e-limone-2/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-nodini-di-aguglia-imperiale-al-burro-curcuma-e-limone-2/#comments Wed, 13 Aug 2014 15:19:30 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=22885 Non è necessario aver letto Hemingway, “Il vecchio e il mare”, racconto di un narratore mediocre sull’epopea di un vecchio pescatore che non riesce ad arrivare in porto se non con lo scheletro del pesce che ha catturato, per sapere cos’è un marlin...
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Nodini di aguglia imperiale al burro, curcuma e limone, con cipolla caramellata e crema di zucchine alla granella di mandorle

Non è necessario aver letto Hemingway, “Il vecchio e il mare”, racconto di un narratore mediocre sull’epopea di un vecchio pescatore che non riesce ad arrivare in porto se non con lo scheletro del pesce che ha catturato, per sapere cos’è un marlin, uno dei più grandi pesci esistenti al mondo, che arriva a pesare anche 7 quintali.

Nel Mediterraneo non abbiamo il marlin, ma un suo cugino minore, l’aguglia imperiale, anch’essa con il suo bel rostro, che può comunque raggiungere il non disprezzabile peso di 40 chili.

L’aguglia imperiale è un pesce dalle carni compatte e saporite, che tagliate a tranci si prestano a varie preparazioni.

Ne propongo una, creata dallo chef de “La balena del Capo”, isola di Salina, in occasione di una cena di gala.

Preparazione

Prendete tanti tranci di pesce quanti sono i commensali e con uno sfilettatore ricavatene quattro nodini da ciascuna fetta, togliendo lisca e pelle.

Prendete tre cipolle di Tropea molto grandi e ricavatene delle fette che metterete a friggere in burro chiarificato*, aggiungendo a fine cottura un po’ di zucchero in modo da caramellarle.

Saltate in padella un chilo di zucchine chiare con burro, cipolla e aglio e un pizzico di sale, e formate una crema con il frullatore ad immersione.

In un grande tegame antiaderente adagiate i nodini di aguglia imperiale in abbondante burro e fateli cuocere tre minuti per lato, rivoltandole una sola volta.

Salate, aggiungete della curcuma in polvere, il succo di mezzo limone e della scorza di limone grattugiata.

Servite aggiungendo un po’ del sugo di cottura e guarnendo con la cipolla caramellata, la crema di zucchine ricoperta di granella di mandorle, e un triangolo di fettina di limone.

 

* Il burro chiarificato è il segreto degli chef, si tratta di burro a cui è stata tolta l’acqua, in modo che non schizzi durante la cottura.

 

 

 

 

Qui le ricette precedenti:

Scorfani e scorfanotti

Trenette con le uova di polpo

Totani

Riso con gamberi al burro, zenzero e coriandolo

Gemelli con pesce spada e fiori di zucca allo zafferano

Tonno sott’olio

Minestra del viandante di mare

Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

Uova in guazzetto di telline

Tagliatelle verdi con salsa di masculini

Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

Caponatina-di-primavera

Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana

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Il Gastronomo educato: oggi “Scorfani e scorfanotti”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-scorfani-e-scorfanotti/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-scorfani-e-scorfanotti/#comments Wed, 06 Aug 2014 14:34:05 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=22637 A Salina i miei figli e i miei nipoti sono cresciuti a guance di pesce.

Da piccoli, per invogliarli a mangiare il pesce gli offrivo la guancia, una parte senza lische, saporita, facile da gustare.
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A Salina i miei figli e i miei nipoti sono cresciuti a guance di pesce.

Da piccoli, per invogliarli a mangiare il pesce gli offrivo la guancia, una parte senza lische, saporita, facile da gustare.

Famosa quella volta in cui comprai una rana pescatrice da 5 chili dal mitico pescatore Vittorio, di Malfa, e con le due guance friggemmo due cotolette bastevoli per sfamare i giovani virgulti. E scherzando con le guance offrivo loro sottoguancia, mento e sottomento, così educandoli a mangiare il pesce.

Certo non c’erano sempre rane pescatrici di quelle dimensioni, e le volte in cui si pescava uno scorfano da due chili, pesce anch’esso dalle dimensioni guancesche ragguardevoli, non erano più di due a stagione. Ma spesso si
prendevano invece quelli che in gergo locali sono chiamati chicchiriddì (o anche, da altre parte della Sicilia, occhibeddi, per i grandi occhi color blù marino intenso), parenti degli scorfani, sia pure di meno nobile lignaggio.

I chicchiriddì, in italiano scorfanotti, possono raggiungere dimensioni ragguardevoli, fino a mezzo chilo, e hanno carni sode e compatte, non dissimili nel sapore da quelle dello scorfano, e si prestano bene ad esser consumati in zuppa o alla ghiotta, oltre che come condimento per la pasta o il riso.

L’altra sera ne abbiamo pescato quasi due chili, di buone dimensioni, alcuni attorno ai tre-quattrocento grammi, e li ho preparati nel modo che qui vi propongo, pensato oltre vent’anni addietro una sera in cui si era stufi di mangiarli nel modo tradizionale.

Preparazione

Considerate circa trecento grammi di pesce per persona, e in un tegame
molto capiente, in cui potete accomodarli tutti senza sovrapporli,
fate soffriggere dell’abbondante cipolla di Tropea affettata finemente
con del burro.

Fatela cuocere finché non diventa quasi una crema, lavorandola con il cucchiaio di legno, ed eventualmente aggiungendo acqua di tanto in tanto.

A quel punto aggiungete un abbondante trito di aglio e prezzemolo, fate soffriggere e sfumate con del vino bianco secco.

Adagiate i chicchiriddì nel tegame e aggiungete un bicchiere da vino di brodo di pesce ricavato avendo messo a bollire per circa quindici minuti un piccolo scorfanotto in acqua con poco sale, una foglia d’alloro e una scorza di limone.

Fate cuocere a fuoco molto lento, per cinque minuti da un lato, poi rivoltate i pesci con molta precauzione, per non spezzarli, e fate cuocere per altri cinque minuti.

Due minuti prima di fine cottura aggiustate di sale, aggiungete due cucchiai di panna da cucina, il succo di mezzo limone e fate sciogliere una bustina di zafferano nel brodo di cottura, ricoprendo i pesci con il brodo giallo.

Servite accompagnando con riso al gelsomino lessato al dente e scorza di limone grattugiata.

 

Qui le ricette precedenti:

Trenette con le uova di polpo

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Tonno sott’olio

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Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

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Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana

 

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Il Gastronomo educato: oggi “Tonno sott’olio”. https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-tonno-sottolio/ https://www.cataniapubblica.tv/il-gastronomo-educato-oggi-tonno-sottolio/#comments Wed, 25 Jun 2014 15:53:59 +0000 http://www.cataniapubblica.tv/?p=21231 Questo è il periodo giusto per prepararlo. Con gli scarti della lavorazione è poi possibile realizzare un delizioso ragù.

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Tonno sott’olio

È questo il periodo giusto per preparare in casa il tonno sott’olio.

I tonni entrano da Gibilterra nel Mediterraneo a rinfoltire la popolazione stanziale, passano ad ovest e ad est della Sardegna, a nord e a sud della Sicilia, attraversano lo Stretto di Messina e risalgono il Tirreno fino a Genova, oppure si dirigono dal mar Ionio verso la Puglia e risalgono l’Adriatico.

Poi verso agosto-settembre fanno il cammino inverso e nuovamente vengono pescati nel Tirreno meridionale, attorno alle coste della Sicilia e della Sardegna e in vari altri luoghi nei mari italiani.

Il re dei tunnidi è il tonno rosso, ma la sua pesca è fortemente limitata se non proibita per lunghi periodi o contingentata, perché si tratta di una specie a rischio estinzione.

Non fate sott’olio il tonno rosso, “a tunnina”, come viene chiamato a Catania, e consumatelo soltanto se siete certiche non è stato pescato in modi illegali.
Piuttosto preferite il tonno alalunga, o il “palamito”.

L’alalunga ha carni ottime, che opportunamente trattate si presentano molto chiare sott’olio, il che è un pregio.

Inoltre il suo nome inglese, “Albacore”, vi ricorderà sicuramente il club cui apparteneva il padre (interpretato da John Huston) di Faye Dunaway nel film Chinatown, di Roman Polanski, una storia di corruzioni e illegalità sullo sfruttamento dell’acqua pubblica a Los Angeles, in cui l’investigatore interpretato da Jack Nickolson scopre la trama di un torbido incesto.

Il vantaggio di fare da sé il tonno sott’olio è che mangiate veramente tonno.

La gran parte delle marche che propongono questo prodotto, soprattutto quelle più pubblicizzate, non contengono tonno, perché il vero tonno non si sfalda con un grissino.

Spesso spacciano per tonno il tombarello ( i cui nomi siciliani vanno da “bisu” a Palermo a “sangusu” a Catania a “prisintuni nelle Eolie) quando non addirittura mackerel (lanzardo o sgombro di grandi dimensioni pescato nell’Atlantico).

La ricetta non è difficile, basta seguire alcuni accorgimenti perché si conservi bene e per un periodo ragionevole di tempo (sei-nove mesi, incluso un periodo minimo di 3 settimane in cui si deve insaporire nei vasetti sottovuoto) senza andare a male.

Tali accorgimenti sono:

la quantità di sale per litro d’acqua che va da un minimo di 80 ad un massimo di 150 grammi;

il tempo di cottura del tonno, che va da un minimo di due ore e mezza ad un massimo di tre ore e mezza;

la perfetta sterilizzazione dei vasetti;

la durata della bollitura dei vasetti per mettere sotto vuoto, che va da un minimo di 25 ad un massimo di 45 minuti.

Come procedere

Acquistate un’alalunga (o un palamito) di sei-otto chili di peso, e fatela tagliare in pezzi, come ho imparato dalla Bruna Venturi della pescheria “A Lampara” di Salina, e come il vostro pescivendolo sicuramente saprà:

eliminate la testa

dal pesce sventrato ricavate le due “surre” (o ventresche) dalle quali farete togliere la parte ossea. Le surre sono ottime alla brace;

procedendo dalla testa verso la coda fate tagliare un primo trancio di 5 centimetri di spessore;

nella parte rimanente fate togliere i due filetti che farete al sangue, in padella o al forno, o che potrete utilizzare in parte anche per una tartare;

fate tagliare il resto in tranci da 5 cm fino alla coda.

Ponete i tranci di tonno, dopo aver eliminato le parti di sangue rappreso, in una o più capienti bacinelle con acqua fredda e vedrete che tenderanno a sbiancarsi.

Cambiate l’acqua un paio di volte.

In una pentola molto grande che possa contenere tutti i tranci e acqua quanto basta a ricoprirli, versate l’acqua e il sale nelle proporzioni prima indicate, aggiungendo il succo di un limone e le due metà spremute, qualche foglia d’alloro e dei grani di pepe nero, e portate ad ebollizione. Solo a questo punto versate delicatamente i tranci di allunga.
Se l’acqua è eccessiva, toglietela con un mestolo.
Il sale si sarà già disciolto e toglierete acqua già salata, non correndo il rischio di alterare la proporzione di sale nell’acqua.

Tenete presente che l’acqua dovrà coprire il tonno per tutto il tempo della bollitura e fino alla fine.

Non commettete l’errore di mettere il tonno a freddo nell’acqua e di portare il tutto ad ebollizione, perché in tal modo il tonno resterà scuro.

Quando sarà tornato a bollire fate proseguire a fuoco lento, ma sempre bollendo, per il tempo stabilito.

Finita la cottura estraete il tonno con un ramaiolo, scolatelo ben bene e fatelo raffreddare fino al punto in cui potrete prenderlo con le mani e pulirlo.

Togliete la pelle, la lisca centrale, le piccole squame che si sono disperse nell’acqua attaccandosi alle carni e soprattutto, per quanto possibile e senza sfrangiarlo, le parti più scure, cioè quelle in cui è rimasto del sangue.

Dovrete ricavare da ogni trancio intero 4 spicchi.

Ponete il tutto ad asciugare in un setaccio o scolapasta, senza che i pezzi si tocchino fra loro, e rigirandoli di tanto in tanto, in un posto ventilato e asciutto per 24-48 ore, fino a quando non saranno completamente asciutti.

A quel punto poneteli in vasetti ben sterilizzati con olio d’oliva. Non pressateli troppo e lasciate che l’olio circondi tutti i pezzi

Usate un olio di sapore delicato o neutro e poco acido per esaltare il sapore del tonno.

Per un’alalunga di poco più di sette chili otterrete almeno sei vasetti contenenti ciascuno 500 grammi di tonno e olio.

Coprite il tonno con 5 millimetri di olio, evitando di lasciare bolle d’aria, e lasciate 10 millimetri di spazio libero fino all’estremità superiore del coperchio.

Chiudete i vasetti strettamente, altrimenti non andranno sottovuoto e metteteli in una pentola d’acciaio con il fondo spesso, separandoli con un canovaccio da cucina ripiegato in modo da non farli battere l’uno contro l’altro durante la bollitura, aggiungendo acqua fino a 10 centimetri dalla loro altezza.

Portate ad ebollizione, coprite con un coperchio di vetro per controllarli di tanto in tanto (altrimenti alzate il coperchio), e fate bollire a fuoco lento per il tempo stabilito.

Finito di bollire, spegnete e attendete che vadano sottovuoto con il “clic” di conferma.

Estraete dalla pentola quando sono freddi, asciugateli ed etichettateli.

Solo a questo punto potrete concedervi il piacere di rivedere Chinatown, in attesa che passino quanto meno tre settimane per consumarlo.

Nel frattempo però potrete consumare, oltre le surre e i filetti, anche il ragù di tonno che avrete preparato nel modo seguente.

Recuperate i pezzi di tonno che avete scartato dalla lavorazione dopo la sua bollitura.

Prendete la parte ossea delle surre e mettetela in acqua bollente, poco sale, foglia di alloro e scorza di limone.

Quando cotta spinatela, pulitela e aggiungetela ai resti della lavorazione del tonno, comprese le piccole parti di polpa che restano attorno alla lisca centrale o alle pinne.

In una padella mettete a soffriggere della cipolla in olio extra vergine, sfumate con un po’ di Cerasuolo di Vittoria, poi aggiungete il tonno e fatelo sfaldare.

Aggiungete dei grani di pepe nero e fate sfumare di nuovo con lo stesso tipo di vino, poi frullate della buona polpa di pomodoro e mettetela in padella.

Fate cuocere fino a quando non si sarà addensata, aggiustate eventualmente di sale e condite dei fusilli o delle penne rigate.

Avvertenza: bollendo nei vasetti l’olio diventa torbido, ma nel giro di un paio di settimane, conservato al buio e in luogo fresco e asciutto, tornerà limpido.

 

Qui le ricette precedenti

Minestra del viandante di mare

Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

Uova in guazzetto di telline

Tagliatelle verdi con salsa di masculini

Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

Caponatina-di-primavera

Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana<

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Nella foto Pollara dal mare

Minestra del viandante di mare

Ciascuno di noi, nati in città in riva al mare, ha il suo luogo preferito, “dove il mare luccica e soffia forte il vento”, per dirla con Lucio Dalla.

Per me questo luogo è la conca del cratere vulcanico, per metà crollata in mare, che raggruppa le poche case di Pollara, nell’isola di Salina, dove venne girato “Il postino” con Massimo Troisi.

Fu lì, in un tardo pomeriggio di circa trent’anni addietro, che incontrai Nunziata.

Mi ero recato a fotografare il tramonto e avevo intenzione di andare oltre le ultime case di Pollara, verso Filo di Branda, per provare l’ebbrezza di guardare a strapiombo sul mare con la luce radente del sole che proiettava lunghe ombre su quel luogo magico e aspro. E proprio mentre mi avvicinavo alle ultime case, in parte ridotte a ruderi, sentii delle voci, ma non vidi nessuno.

Poi, girando attorno, mi accorsi di una donna su un terrazzo che parlava da sola, dialogando con altri che non erano presenti. Nunziata era magra, di statura media e aveva un corpo segaligno.

Capelli lunghi brizzolati, carnagione scura, mostrava settant’anni, ma poteva averne cinquanta portati male o novanta portati bene. I suoi piedi erano color della terra sulla quale camminava scalza. Spesso andava a piedi da Pollara a Malfa a fare la spesa, perché a Pollara non v’erano negozi e si poteva fare affidamento soltanto sulla lapa di Gaetano che portava frutta e verdura in giro per l’isola.

Finito il suo discorso mi disse che stava raccontando ai figli, emigrati in Australia, come andavano le cose lì a Pollara, e chiedeva loro se stavano bene in Australia, ma raramente otteneva risposta, così provava a immaginare come stessero.

Era, Nunziata, una viandante, nel senso letterale del termine di una persona che va, e mi ricordò il verso “mai più rivedrò il mio perduto amore” del secondo dei Lieder eines Fahrenden Gesellen di Gustav Mahler (che è anche uno dei più bei temi musicali della sua prima sinfonia).

Anche lei non avrebbe mai più rivisto i figli.

Seppi, dopo qualche anno, che Nunziata, quando non fu più capace di badare a se stessa, venne ricoverata nella casa di riposo di Valdichiesa, e per trasportarla lì, poiché non tollerava di andare in altro modo che non a piedi e soffriva a stare chiusa in auto, dovettero caricarla di peso sul cassone di una lapa, con tre persone a tenerla ferma.

Morì in capo a tre mesi.

Pensai a lei quando, qualche anno dopo, iniziai a coltivare la passione per la pesca dalla barca. Andavo, con il mio gommoncino, cercando di prendere pesci, impresa non facile perché bisognava conoscere gli scogli o le secche dove si trovano quelli di buona stazza. E i pescatori che conoscevano tali posti, individuati con le mire a terra facendo collimare almeno tre differenti punti, non confidavano il loro segreto neanche ai figli, se non forse sul letto di morte.
E ancora oggi è così.

Dunque ero diventato un viandante di mare, e spesso tornavo a casa con un buon bottino, ma tutto di pesci piccoli: precchie, puddaci, aleri, munaceddi russi, e altra minutaglia del genere. Pesci molto saporiti ma da cui si ricavava poco e che costava fatica pulire.

Si potevano fare delle zuppette, ma alla lunga stufavano e non valeva la pena, se non per l’insana passione del neofita, trascorrere interi pomeriggi sotto il sole cocente e tornare stanchi e disidrati per portare a casa così poca roba.

Il mio amico Mimmo, chef per passione, che purtroppo è accomunato a Massimo Troisi per aver lasciato prematuramente questo mondo esattamente nella stessa data in cui morì l’attore napoletano, ebbe allora un’idea geniale: utilizzare il pesce da me pescato per farne polpette, da friggere e servire come antipasto.

Dalle polpette di pesce mi venne poi l’idea di cuocerle in brodo dello stesso pesce, con il vantaggio di creare una minestra molto idratante e corroborante per chi fosse andato per mare l’intera giornata e avesse avuto bisogno di ricostituire le proprie riserve idriche e di sali minerali.

È così che nasce la minestra del viandante di mare, nel ricordo di Nunziata e di Mimmo.

Ingredienti per otto persone

1,5 kg di pesci da zuppa (se non volete faticare, 1 kg di filetti di pesce come merluzzo, scorfano, gallinella o fagiano di mare, cocciu, tracina, cernia, spigola)

Mezzo chilo di filetti di pomodori ben maturi

Cipolla, aglio, prezzemolo, basilico, finocchietto selvatico, alloro, rosmarino, timo e maggiorana in quantità variabile

La scorza di un limone non trattato

2 uova intere

1 bustina di zafferano

Olio extra vergine q.b.

Sale q.b.

50 grammi di parmigiano grattugiato

Un bicchiere di vino bianco aromatico (Alcamo, Traminer)

Tre etti di pasta piccola, preferibilmente corallini

Preparazione

Pulite il pesce e lessatelo in abbondante acqua poco salata nella quale avrete posto la scorza di mezzo limone tagliata a fettine e le erbe (secondo il vostro gusto) racchiuse dentro una garza per dare sapore al brodo.

Appena cotto togliete la garza con le erbe e le scorze di limone, estraete il pesce, diliscatelo (se non usate filetti già senza lische) e ponetene due terzi nel frullatore insieme al parmigiano, alle uova e a qualche erba aromatica sempre secondo il vostro gusto.

Create un composto abbastanza denso, quindi formate delle polpettine molto piccole, di un diametro doppio rispetto a quello di una nocciola.

Ponetele su un asse o tagliere per farle asciugare in modo che non si sfaldino quando cuoceranno nel brodo.

Con il pesce rimasto fate una salsa.
In una capiente pentola che dovrà contenere il brodo, le polpettine e la pasta, fate soffriggere della cipolla con l’olio, quindi aggiungete il pesce e sfumate con il vino, poi i filetti di pomodoro.

Fate soffriggere ben bene il pomodoro, battendolo con il cucchiai di legno, aggiungendo di tanto in tanto del brodo di pesce.

Poi, quando tutto sarà ben amalgamato, versate il brodo in quantità sufficiente a contenere la polpette e a far cuocere la pasta.

Fate cuocere per qualche minuto, quindi aggiungete le polpette.

Riportate a ebollizione e aggiungete la pasta, facendola cuocere per poco più della metà del tempo di cottura previsto, altrimenti scuoce e si gonfia oltremisura.

Un minuto prima di spegnere il fuoco aggiustate di sale, aggiungete le scorzette di mezzo limone tagliate a pezzetti piccoli, fate sciogliere la bustina di zafferano e aggiungete un trito di prezzemolo o basilico secondo il vostro personale gusto.

Se non vi fidate di mantenere la pasta al punto giusto di cottura e temete che diventi troppo scotta (considerate che la temperatura della minestra, a differenza della pastasciutta, si mantiene vicina a quella di ebollizione per molto tempo dopo aver spento il fuoco e anche nei piatti) sostituite la pasta con dei crostoni di pane di semola di grano duro tostati al forno.

 

 

Qui le ricette precedenti

Calamari e patate con pesto di Gramignazzo

Farfalle ufali e patelle

Uova in guazzetto di telline

Tagliatelle verdi con salsa di masculini

Tortino di pesce spatola e patate con pesto eoliano

Gnocchi con cozze e pesto di basilico

Paccheri all’agro di pesce con ricotta e bottarga

Cibreo alla crema di melograno

Il nero di seppia

È primavera tempo di seppie

L’aggrassatu

Uno sposalizio in bianco-rosso-nero

U sugu

Tris di carciofi

Delizia di carciofi

Carciofi a spezzatino e in fricassea

Caponatina-di-primavera

Caponatine

Coniglio in agrodolce

Coniglio alla stimpirata

Pasta con la scarola

Trionfo di broccoli

Pasta ‘ncaciata

Sformato-di-pesce

Pizza-alla-catanese

Torta salata all’Acitana<

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