liceo scienze umane biancavilla – Catania Pubblica web-tv https://www.cataniapubblica.tv Informazioni, notizie e Tg Catania. Testata giornalistica indipendente Wed, 29 Apr 2020 12:07:55 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.7.3 Giornalismo: i TG dell’Istituto Rapisardi di Paternò e Biancavilla https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-i-tg-dellistituto-rapisardi-di-paterno-e-biancavilla/ https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-i-tg-dellistituto-rapisardi-di-paterno-e-biancavilla/#respond Wed, 04 Jul 2018 10:37:14 +0000 http://cataniapubblica.tv/?p=56841 Per il 2º anno consecutivo progetto di Alternanza Scuola Lavoro incentrato sul nostro modello di mobile journalism.

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Per il 2º anno consecutivo progetto di Alternanza Scuola Lavoro incentrato sul nostro modello di mobile journalism.

di Elisa Catanzaro

Scovare la notizia, raccontarla, imparare l’inquadratura giusta, doppiare un testo, scriverlo per doppiarlo, scriverlo per pubblicarlo, girare le riprese, montare le varie clip.

Si è concluso un altro anno di lavoro per i ragazzi del liceo Classico di Paternò e di quello di Scienze Umane di Biancavilla alle prese con il mobile journalism, metodo di lavoro della redazione di Catania Pubblica TV; il bottino anche stavolta è cospicuo, i giornalisti in erba hanno realizzato infatti articoli, servizi video e Tg, portando a conoscenza del pubblico peculiarità e caratteristiche dei loro territori. 

La soddisfazione è tanta nell’aver completato quella definita come “opera di ingegno collettivo” e, conclusa la fase di necessaria concentrazione nell’assemblaggio finale del materiale, in mente possono scorrono liberamente le immagini del lavoro svolto, della giovinezza, dell’energia e della passione di questi adulti di domani che, rispetto alla nostra generazione, hanno davvero numerose possibilità di confrontarsi con il mondo del lavoro.

Consentitemi a questo proposito una riflessione, la tanto vituperata Asl, meglio conosciuta come Alternanza Scuola Lavoro, ritengo invece sia strumento utile e necessario nella costruzione del ventaglio di possibilità che si aprono dopo la fine delle scuole superiori.

Forse nessuno fra i ragazzi che hanno svolto il laboratorio di giornalismo sceglierà questa professione ma, in ogni caso ognuno di loro sarà in possesso di un tassello in più nel proprio percorso formativo e, se anche uno soltanto dovesse intraprendere questo cammino, mi sentirei onorata di aver contribuito a questa scelta.

È per questo che ringrazio la dirigenza dell’IIS Rapisardi di Paternò e Biancavilla, il preside dell’Istituto Egidio Pagano e il vicepreside Rosario Scalia, i tutor didattici Carla Maria Paola Biscuso e Laura Milazzo, la referente Pierina D’Agate, che hanno voluto confermare anche quest’anno il progetto.

Un sentito grazie poi anche ai colleghi di LiveSicilia per la visita alla redazione e a Antonio Condorelli per la lezione di giornalismo.

Ecco quindi i lavori realizzati dagli alunni delle classi III A di Paternò e di Biancavilla.

QUI GLI ARTICOLI DI  GIORNALE DEL LICEO CLASSICO E  DEL LICEO DELLE SCIENZE UMANE

DI SEGUITO I TG

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Giornalismo: progetto di alternanza all’Istituto Rapisardi di Paternò e Biancavilla https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-progetto-di-alternanza-allistituto-rapisardi-di-paterno-e-biancavilla/ https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-progetto-di-alternanza-allistituto-rapisardi-di-paterno-e-biancavilla/#respond Fri, 30 Jun 2017 16:23:41 +0000 http://cataniapubblica.tv/?p=46002 Un'esperienza che ha coinvolto circa 80 ragazzi alle prese col nostro modello di mobile journalism. Risultato due telegiornali e tanti articoli su argomenti legati al territorio.

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Un’esperienza che ha coinvolto circa 80 ragazzi alle prese col nostro modello di mobile journalism. Risultato due telegiornali e tanti articoli su argomenti legati al territorio.

di Elisa Catanzaro

Una redazione composta da 80 giovani è un’esperienza che qualsiasi direttore di testata vorrebbe poter sperimentare, soprattutto quando sono volenterosi e preparati come gli alunni dell’IIS Rapisardi di Paternò e Biancavilla. È qui infatti che nel corso dell’anno scolastico appena trascorso ci siamo spostati, armi e bagagli, per trasferire, innanzitutto l’amore e la passione per il mestiere, e poi le conoscenze  tecniche e deontologiche di base, necessarie per realizzare un prodotto giornalistico. Ci siamo riusciti? L’importante è averci provato, direbbe qualcuno, ma intanto vi invito a guardare i due telegiornali e a leggere gli articoli che hanno realizzato i ragazzi.

Prima di chiudere, però, un sentito ringraziamento al preside dell’Istituto Egidio Pagano e al vicepreside Rosario Scalia, nella doppia veste anche di tutor didattico, per aver creduto nel progetto; alle referenti del progetto stesso Maria Luigia Quagliano e Carla Maria Paola Biscuso  per aver agevolato il mio lavoro in tutti modi possibili e per la loro gentilezza e professionalità; ai tutor didattici  Angela Pistorio, Antonino Sinatra, Consolazione Lo Faro, Rosario Scalia, Carla Maria Paola Biscuso e Barbara Maria Luisa Moschetto, per il prezioso compito svolto a supporto dei ragazzi; alle referenti Maria Russo e Pierina D’Agata, e infine ma non ultimi, agli alunni delle classi IV A, IV B e  IV C di Paternò e delle classi IV A e IV C di Biancavilla, ai quali mi sento solo di dire: continuate così!

Un ringraziamento va anche ai colleghi Umberto Teghini e Luigi D’Angelo per la visita alla redazione di Ultima Tv, e al valente collaboratore di Catania Pubblica Tv Salvatore Giuffrida, indispensabile nell’aiutarmi a assemblare il corposo materiale video.

Ecco a voi il lavoro svolto

Qui il Telegiornale del liceo Classico


Qui il Telegiornale del liceo delle Scienze Umane

Qui gli articoli realizzati dagli alunni del liceo Classico

Qui quelli del liceo delle Scienze Umane

 

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Giornalismo: il Telegiornale del liceo delle Scienze Umane di Biancavilla https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-il-telegiornale-del-liceo-delle-scienze-umane-di-biancavilla/ https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-il-telegiornale-del-liceo-delle-scienze-umane-di-biancavilla/#respond Thu, 29 Jun 2017 17:42:04 +0000 http://cataniapubblica.tv/?p=46121 Il prodotto giornalistico realizzato dai ragazzi delle classi IV A e IV C dell'IIS Rapisardi nel corso del progetto di alternanza scuola lavoro.

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Il prodotto giornalistico realizzato dai ragazzi delle classi IV A e IV C dell’IIS Rapisardi nel corso del progetto di alternanza scuola lavoro.

Questi i titoli del telegiornale:

TOPONOMASTICA: SOLO 10 STRADE SU 711 DEDICATE ALLE DONNE. NE ABBIAMO INTERVISTATO UNA CHE HA DEDICATO LA VITA AI GIOVANI

BRUNO: POETA MALEDETTO E DANDY, ANTONIO BRUNO, CHI ERA ANONIO BRUNO ED È RICORDATO OGGI A BIANCAVILLA?

ESCHER: LE SUE OPERE SONO CONOSCIUTE IN TUTTO IL MONDO. NOI SIAMO ANDATI A VEDERLE A CATANIA DOVE È OSPITATA LA MOSTRA DELL’INCISORE OLANDESE ESCHER

Nel corso del tg si è parlato poi anche del castello normanno di Adrano, di drunkoressia e attacchi di panico, della visita alla redazione di Ultima Tv, del libro dedicato ai siblings.

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Giornalismo: il Telegiornale del liceo Classico di Paternò https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-il-telegiornale-del-liceo-classico-di-paterno/ https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-il-telegiornale-del-liceo-classico-di-paterno/#respond Thu, 29 Jun 2017 17:32:52 +0000 http://cataniapubblica.tv/?p=46111 Il prodotto giornalistico realizzato dai ragazzi delle classi IV A, IV B E IV C dell'IIS Rapisardi nel corso del progetto di alternanza scuola lavoro.

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Il prodotto giornalistico realizzato dai ragazzi delle classi IV A, IV B e IV C dell’IIS Rapisardi nel corso del progetto di alternanza scuola lavoro.

Questi i titoli del telegiornale:

LE SALINELLE:DAL 2015 È GEOSITO DI IMPORTANZA MONDIALE, L’IMPEGNO PER LA SUA VALORIZZAZIONE

CARNEVALE: DAI FASTI DI UN TEMPO ALL’ABBANDONO DI OGGI. E DOMANI? ABBIAMO CHIESTO AI CANDIDATI SINDACO

LA SCUOLA CHE VORREI: PROFONDI CAMBIAMENTI INVESTONO L’ISTITUZIONE SCOLASTICA MA QUAL È LA SCUOLA CHE DOCENTI E ALUNNNI VORREBBERO?

MIGRANTI: L’ATTIVITà DEL CENTRO ASTALLI DI CATANIA. DAL SERVIZIO LEGALE ALLA SCUOLA D’ITALIANO

Nel corso del tg si è parlato poi anche del maestro artigiano Barbaro Messina, dell’attività della Caritas di Paternò, di calcio e di body building.
Guardate

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Giornalismo: gli articoli degli alunni del liceo delle Scienze Umane di Biancavilla #3 https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-gli-articoli-degli-alunni-del-liceo-delle-scienze-umane-di-biancavilla-3/ https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-gli-articoli-degli-alunni-del-liceo-delle-scienze-umane-di-biancavilla-3/#respond Thu, 29 Jun 2017 15:33:31 +0000 http://cataniapubblica.tv/?p=46070 Il prodotto giornalistico realizzato dai ragazzi delle classi IV A, e IV C dell'IIS Rapisardi nel corso del progetto di alternanza scuola lavoro.

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Cosplay: tra evasione e bisogno di eroismo

La classe IV C sotto la guida della Prof.ssa  Carla Biscuso

Dopo l’enorme successo della settima edizione di Etna Comics, il festival internazionale del fumetto e della cultura pop, è d’obbligo interrogarsi sulle caratteristiche di questo fenomeno la cui nascita in Italia è stata fissata nel 1997, quando in occasione di Lucca Comics & Games fu organizzato il primo concorso per cosplayers. Letteralmente cosplay, parola formata dalla combinazione delle parole inglesi “Costume”, costume, e “play”, gioco, indica la pratica nippo-americana di vestirsi come un personaggio riconoscibile, interpretandone anche il carattere e il modo di agire. Solitamente i personaggi imitati dai cosplayers del mondo sono tratti da anime, manga, film, videogiochi o altre produzioni fantastiche. Ma cosa c’è effettivamente dietro il cosplay?

Se lo è chiesto con grande interesse, un interesse tale che l’ha portata a diventare una cosplayer, la giornalista Ida Vinella che nel suo saggio “Phénoménologie du Cosplay”, pubblicato nel 2015, ha cercato di indagare non solo sulle dinamiche sociologiche, ma anche sull’immaginario estetico che avvolge la dinamica dei corpi.

I vari travestimenti rappresentano infatti un vero superamento della maschera carnascialesca tradizionale e costituiscono un’amplificazione del sé fisico. La cura che i cosplayers dedicano ai costumi mira a far focalizzare l’attenzione del pubblico sul corpo e sulla sua continuità tra corpo e abito. In questo “cyborg”, inteso come fusione tra corpo reale ed evocazione del personaggio immaginario, si può cogliere forse il desiderio di evasione dell’uomo del postmoderno, costretto a vivere in un ambiente per lui sempre più inospitale.

Il cosplay come gioco istituzionalizzato, grazie ai legami che si formano sulla rete tra i suoi simpatizzanti si basa anche sulla condivisione di luoghi concreti che, privati dei loro usi quotidiani, offrono, anche se per breve tempo, uno spazio localizzabile all’immaginazione.

Un fenomeno molto più complesso, dunque, quello del cosplay che va ben oltre l’aspetto ludico e il desiderio di evasione e che forse nasconde quel bisogno di eroismo che si annida in un quotidiano caratterizzato, come da più parti viene sostenuto, dal trionfo dell’individualismo e dalla mancanza di modelli di riferimento.

Di seguito il testo in inglese dell’intervista alla cosplayer Federica Longo che potete vedere anche qui all’interno del nostro TG.

di Consuelo Orbea Y Menendez

Cosplay is the combination between the english words “costume” and “play” and it consists of wearing a costume which represents a character recognizable in a particular field and portraying his way of behaving.

This particular fhenomenon was born in America in 1939 thanks to Forest Ackerman, but it has got relevance only since 1995, when the japanese stamp dedicated for the first time an article to cosplay because of a Tokyo’s group of teenargers who wore some costumes inspired by the characters of the anime “Evangelion”.

It’s important don’t confuse cosplay with carnival costumes, because a cosplayer act and mimes the gestures of the character he interprets. Furthermore, this phenomenon is not about a specific age or a specific type but anyone can practice it.

Federica Longo (art name “Ever”) is a cosplayer from Adrano, Catania. Today she answers to our questions.

I: When have you started to be interested in cosplay?

F: I have been interested in cosplay since I was ten because I watched animes.

I: When  did you take part to a cosplay event for the first time?

F: I partecipated in a cosplay event in 2015 for the first time, at the age of fifteen.

I: What was your first cosplay?

F: It was Lucy of the anime “Elfen Lied” but i prefer forgetting because it was an awful costume.

I: Has cosplay ever affected your life in a negative way?

F: I usually don’t care about what people think, but I have to say that in general my artistic side caused me problems, for example once I published a video in wich I sung and people of my town called me anonymous singing the song.

I: And in which way it affected you in a positive way?

F: I’m grateful that the cosplay’s world made me enter in the world of theatre.

 

 

 

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Giornalismo: gli articoli degli alunni del liceo delle Scienze Umane di Biancavilla #2 https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-gli-articoli-degli-alunni-del-liceo-delle-scienze-umane-di-biancavilla-2/ https://www.cataniapubblica.tv/giornalismo-gli-articoli-degli-alunni-del-liceo-delle-scienze-umane-di-biancavilla-2/#respond Thu, 29 Jun 2017 15:21:54 +0000 http://cataniapubblica.tv/?p=46060 Il prodotto giornalistico realizzato dai ragazzi delle classi IV A, e IV C dell'IIS Rapisardi nel corso del progetto di alternanza scuola lavoro.

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Siblings: quando la difficoltà diventa risorsa

di Martina Rizzo, Claudia Stancampiano, sotto la guida della Prof.ssa  Carla Biscuso

“Avrei voluto sapere di non essere il solo fratello che viveva la mia stessa situazione”, sono queste le parole con le quali Federico Lupo, fratello di Andrea, un ragazzo autistico, spiega la condizione di disagio vissuta nell’infanzia e nell’adolescenza. Ed è proprio da questa necessità che nasce l’idea di raccogliere in forma unitaria i racconti autobiografici dei fratelli e delle sorelle dei soggetti autistici. “Storie di un viaggio lungo una vita”(Erickson Live, 2015), il libro curato da Lupo e presentato nel mese di maggio al Liceo delle Scienze Umane di Biancavilla, nasce dall’esperienza laboratoriale del gruppo Siblings, costituitosi a Catania nel 2013 in seno all’associazione “Un futuro per l’autismo”.

Sibling, parola inglese entrata di recente nell’uso per definire i fratelli e le sorelle delle persone con disabilità, racchiude in sé tutta la costellazione di variabili emotive delle famiglie in cui è presente un soggetto diversamente abile.

È un’ottica “family centered” quella che regge l’impalcatura di questo libro che coagula delle esperienze autobiografiche e che parte dalla convinzione che soltanto la comunicazione razionale ed emotiva possa essere fonte di rinascita interiore. Pur avendo instaurato un rapporto di complicità e di armonia con Andrea, Federico avrebbe voluto entrare nei suoi silenzi e decifrarli, senza provare un continuo e frustrante senso di impotenza e di smarrimento. Soltanto le dovute attenzioni, l’ascolto empatico, la comunicazione e la condivisione possono aiutare i membri di una famiglia in cui siano presenti persone disabili a maturare forme di resilienza nei confronti della difficoltà – spiega il curatore. La rete di sostegno tessuta intorno ai siblings è di primaria importanza, considerata la specificità del rapporto fraterno che, oltre a non essere dettato da una scelta, è nella maggioranza dei casi un rapporto paritario.

Che il rapporto fraterno, e a maggior ragione quello che si instaura tra un fratello normodotato e un fratello diversamente abile, sia “speciale” lo dimostrano in pieno i racconti di questo libro.

Tra le righe emergono, con estrema chiarezza, non solo il senso di fragilità e di inadeguatezza, ma anche l’estrema tenacia che ha caratterizzato la vita di questi siblings.

La lezione che se ne trae è molto semplice: soltanto i legami di supporto sociale, il senso di appartenenza e il mutuo sostegno possono incidere positivamente sulle capacità dell’essere umano di trovare le risorse migliori per superare o meglio trasformare le difficoltà in punti di forza. Si tratta di un messaggio di estrema attualità e importanza che una società come la nostra, abituata da un lato a esaltare il successo e l’ansia di perfezionismo e dall’altro a propagandare l’idea di inclusione e uguaglianza, dovrebbe accogliere con vigore e slancio propositivo.

Gli attacchi di panico: un fenomeno transgenerazionale in crescita

di Ilaria Bonomo, Daniela Cusumano, Alessia Lombardo, Jennifer Pignataro, Martina Rizzo, Claudia Stancampiano, sotto la guida della prof.ssa Carla Biscuso

Gli attacchi panico o “panic disorder”, secondo la classificazione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, sembrano costituire un fenomeno transgenerazionale che tocca sia uomini che donne. Lo conferma lo psicologo Alessio Leotta, psicologo della Comunità per tossicodipendenti “Sentiero della Speranza” di Biancavilla, intervistato dalla nostra redazione.

Quali sono le cause che generano gli attacchi di panico?

Gli attacchi di panico, come tutti i disturbi che rientrano nella sfera dell’ansia, possono essere ricondotti a molteplici fattori sia di ordine psicologico sia di ordine fisiologico. Le motivazioni fisiologiche sono riconducibili ad alterati processi elettrochimici cerebrali. Dal punto di vista psicologico gli attacchi di panico rappresentano una risposta ad eventi ritenuti stressanti come ad esempio una delusione sentimentale, un lutto, il ricordo di un evento traumatico.

Quali solo i sintomi che indicano l’insorgenza di un attacco di panico?

L’attacco di panico si manifesta all’improvviso comportando per il soggetto affetto aumento della sudorazione, respiro corto, tachicardia, nausea, ipertensione e parestesia, cioè una sensazione di formicolio alle mani e agli arti. I sintomi possono essere o tutti compresenti o comparire solo in parte. I soggetti che abbiano attacchi di panico importanti possono in alcuni casi avvertire un senso di derealizzazione o depersonalizzazione, cioè di distacco dalla realtà.

Quale fascia generazionale è più colpita? Sono più colpite le donne o gli uomini?

L’attacco di panico interessa in egual misura sia uomini sia donne. Ultimamente sta interessando anche i giovani. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, come riporta un dato statistico del 2016 presente in un recente numero di “Mente e Cervello”, circa il 30% dei giovani soffre di disturbi psichici e tra questi molto attestata è l’ansia. Statisticamente poi gli attacchi di panico sono più frequenti nelle donne che negli uomini. Questo è con molta probabilità da attribuire al fatto che la donna oggi è sovraccaricata da una serie di impegni sia di carattere familiare sia di carattere lavorativo. Non sempre la donna poi trova l’adeguato riconoscimento da parte della società che non offre i dovuti servizi per alleviarla nella gestione dei figli piccoli, siano essi normodotati o diversabili, o dei familiari anziani.

Per quale motivo tanti giovani soffrono di disturbi d’ansia?

Dall’esperienza maturata anche in seno ai contesti scolastici in cui mi trovo ad operare, soprattutto nelle attività volte a combattere la dispersione, ho potuto realizzare che le cause sono veramente molteplici e che si può tentare di tratteggiare solo un quadro orientativo. I giovani, nella maggioranza dei casi, sembrano essere condizionati dalle richieste di un società che è diventata sempre più competitiva. A ciò si aggiunge il desiderio di uniformarsi agli standard imposti dalla moda in relazione al possesso dei beni materiali. Se questi target non vengono raggiunti per motivi di ordine economico, il malcontento può tramutarsi in un senso di frustrazione che genera l’attacco di panico. Ovviamente gli attacchi di panico possono avere anche motivazioni molto più profonde ed essere ricondotti a fragilità più recondite da riconnettersi anche a ferite subite in età infantile o adolescenziale. A queste cause possono aggiungersene altre come la predisposizione genetica o l’aver vissuto in contesti familiari caratterizzati dall’incapacità gestionale dell’ansia da parte degli adulti

Qual è la percezione sociale del problema da parte della famiglia, del gruppo o dei colleghi di lavoro nei confronti di chi soffre di attacchi di panico?

Solitamente la società minimizza o non comprende effettivamente il malessere di chi soffre di attacchi di panico. Si tende a pensare che siano delle esagerazioni o che le persone mettano in scena queste crisi per evitare di affrontare situazioni scomode.

In che modo gli attacchi di panico influiscono nelle relazioni sociali?

Gli attacchi di panico limitano fortemente la vita di chi ne soffre e creano delle difficoltà nelle relazioni interpersonali (familiari, di coppia, di amicizia, ecc). Le persone che ne soffrono avranno la tendenza a evitare tutte quelle occasioni percepite come fonti possibili di ansia e a sfuggire  tutti quegli eventi in cui si profila la possibilità di incontrare molta gente.

Esiste una cura per gli attacchi di panico?

Da psicologo, che abbraccia in primo luogo l’approccio di tipo sistemico- relazionale, ritengo che la prima forma di terapia per ridurre la frequenza degli attacchi di panico sia quella della relazione e della parola. Lo stesso Eugenio Borgna, primario di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e mentali presso l’Università di Milano, in un suo testo famoso intitolato “Le figure dell’ansia” scrive che l’ansia è “friabile” e scomponibile, essendo caratterizzata dalla possibilità di accentuarsi o di attenuarsi in rapporto alle situazioni familiari o interpersonali. Soltanto quando il malessere trova un varco e dà forme a parole e discorsi, si può pensare di far incamminare il soggetto che soffre di attacchi di panico sulla via della guarigione. Esistono anche dei farmaci antidepressivi che, se opportunamente dosati, possono prevenire di molto l’ansia anticipatoria, l’evitamento fobico, nonché la frequenza e l’intensità degli attacchi di panico. La cura farmacologica non può e non deve essere però in alcun caso disgiunta dalla terapia della parola.

 Continua qui a leggere Cosplay: tra evasione e bisogno di eroismo

                                                          

 

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Il prodotto giornalistico realizzato dai ragazzi delle classi IV A, e IV C dell’IIS Rapisardi nel corso del progetto di alternanza scuola lavoro.

Donne e scienza: un binomio possibile

di Consuelo Orbea Y Menendez

L’8 Marzo scorso, giorno della festa della donna è stato anche il primo giorno in cui nelle sale italiane è stato proiettato Il diritto di contare, diretto dall’americano Theodore Melfi, già noto per il film St. Vincent. Il film racconta la storia vera della matematica afroamericana Katherine Johnson che, insieme alle sue colleghe Dorothy Vaughan e Mary Jackson, aiutò la Nasa nella corsa allo spazio. Grazie ai suoi calcoli, infatti, John Glenn divenne il primo astronauta americano a compiere un’orbita completa della Terra.

Le tre formidabili donne ebbero però non poche difficoltà a ottenere “il diritto di contare”, nel senso letterale del termine, talmente tanti furono gli ostacoli che le protagoniste di questa storia dovettero superare per affermarsi nel campo scientifico.

Katherine Johnson, avendo dimostrato precocemente grandi capacità intellettive che la portano a diplomarsi a 14 anni e a laurearsi a soli 18 anni in matematica e francese con la valutazione magna cum laude, è la prima donna che nel 1938 riesce a superare le barriere segregazioniste della scuola di specializzazione West Virginia University in Morgantown. Il suo percorso è stato costellato da una serie di discriminazioni in quanto “nera”, tra cui i  pregiudizi di un mondo accademico “maschilista”.

Oltre al caso di Katherine Johnson  non mancano esempi nella storia scientifica di donne la cui intelligenza e preparazione sono state messe in ombra dagli uomini: Rosalind Franklin, ad esempio, nonostante la scoperta della forma a doppia elica del DNA, non ricevette il Nobel, toccato ai suoi colleghi Wilkins, Watson e Crick, che le avrebbero sottratto le sue fotografie della diffrazione ai raggi X; Lise Meitner, poi, la prima a teorizzare con esattezza la fissione nucleare, fu oscurata dal suo compagno di esperimenti, Otto Hahn, che ricevette il Nobel. E ancora lo stesso destino toccò a Jocelyn Bell-Burnell, la cui scoperta dei pulsar, corpi celesti fino allora sconosciuti, fu attribuita al relatore della sua tesi, il professor Ewish, insignito del premio Nobel.

Rientrano tutte nella categoria dei “Nobel negati”, condanna alla quale in quell’epoca sfuggì solo Marie Curie, che ne collezionò ben due, surclassando il marito. Tra queste donne in ombra vi è anche Mileva Marić,la prima moglie di Einstein, il padre della relatività. Che la donna abbia contribuito alla scoperta della relatività è provato da una serie di lettere destinate ad amici, in cui Einstein elogia le capacità della moglie e si compiace del lavoro condotto insieme. Testimonianza chiave è quella del fisico Abraham Joffe, il quale anni fa affermò di aver visto i manoscritti originali degli studi sulla relatività del collega, firmati Einstein-Marity (versione ungherese del cognome Marić), una formula, quella del doppio cognome, propria delle donne.

Ma la convinzione comune che le donne non siano portate per la scienza non è solo frutto di un passato colmo di scoperte scientifiche tutte al femminile, poi occultate: nel 2014 una ricerca dell’Università della Pennsylvania sull’esistenza di differenze tra cervello maschile e femminile ha acceso un dibattito. Il gruppo di Madhura Ingalhalikar ha sottoposto a scansione cerebrale un migliaio di persone ottenendo come risultato che nelle donne i due emisferi sono collegati più intensamente, mentre negli uomini è emersa una rete di collegamenti più fitta all’interno dei singoli emisferi. Però è stato scoperto poi come i risultati della ricerca che erano stati divulgati fossero approssimativi e gonfiati, forse per alimentare teorie su ipotetiche differenze tra i sessi, che in realtà non erano emerse. Sorge dunque spontaneo un dubbio: le scoperte dei neuroscienziati sono state usate impropriamente per avvalorare stereotipi che categorizzano le donne esclusivamente come brave casalinghe, incapaci nella guida, e per finire non destinate alla scienza?

Quanto le convinzioni arcaiche divulgate hanno realmente influito sul modo in cui le donne percepiscono se stesse?

A questo proposito una ricerca interessante è quella del 2006 quando due ricercatori hanno sottoposto ad alcune studentesse un test di matematica, facendolo precedere dalla lettura di un articolo con la scusa di valutare la comprensione del testo. Metà delle ragazze ricevette un articolo su una ricerca inventata secondo cui nella comprensione della matematica uomini e donne  si trovavano sullo stesso piano, mentre l’altra metà lesse un articolo che affermava una maggiore predisposizione genetica degli uomini per la matematica. Furono superiori i punteggi delle ragazze a cui si era fatto credere che non esistessero differenze legate al sesso.

Convinzioni culturali, stereotipi, fomentano quindi l’idea di una presunta inferiorità delle donne nel conseguimento delle abilità e competenze scientifico-matematiche, eppure la storia della scienza al femminile da Ipazia, la scienziata uccisa per linciaggio ad Alessandria d’Egitto, fino ai casi delle scienziate esaminate, mostra decisamente il contrario. È necessario dar fiducia alle donne e puntare sulle loro capacità sin dall’infanzia affinché il progresso scientifico continui la sua corsa inarrestabile in una prospettiva più rispettosa della dignità umana.

Il latino: l’“utilità dell’inutile”. Bettini, Dionigi e Gardini ne riscoprono l’attualità

di Rosy Cosentino, Lorena Crispi, Daniela Cusumano, Daniela Rocco, sotto la guida della Prof.ssa  Carla Biscuso

A che serve studiare il Latino? Gli studenti se lo chiedono quasi giornalmente dinanzi al faticoso esercizio di traduzione che spesso sembra richiedere una logica oscura persino ai “nativi digitali”, abituati a “messaggiare” in T9 attraverso costrutti da Neoavanguardia.

Volendo dare un senso a qualcosa che apparentemente non lo possiede, per parafrasare una famosa canzone, lo si può forse ritrovare nell’eterna modernità dei temi trattati dagli autori latini o nella loro serenità nel dire tutto senza filtri di sorta.

Sì, è forse questo il motivo per il quale lo si studia ancora nella società del profitto e del sapere immediatamente spendibile. Per lo meno è questa la risposta che ci si dà leggendo A che servono i Greci e i Romani di Maurizio Bettini” (Einaudi 2017), Il presente non basta. La lezione del Latino di Ivano Dionigi (Mondadori 2016), Viva il Latino. Storia e bellezza di una lingua inutile (Garzanti 2016), e Con Ovidio. La felicità di leggere un classico di Nicola Gardini (Garzanti 2017), libri che ripropongono l’annoso problema.

Bettini e Dionigi con un approccio razionalistico e Gardini con una strategia comunicativa più basata sull’emotività riescono a convincere il lettore della cosiddetta “utilità dell’inutile”.

Che il Latino abbia un’importanza per colmare il bisogno di poesia avvertito da più parti lo ricorda il professore Ivano Dionigi invocando il sofista Gorgia di Lentini il quale scriveva che “la parola può eliminare la sofferenza, alimentare la gioia, accrescere la compassione>”.

E la parola latina non è statica per la sua capacità di rappresentazione dei vari aspetti della realtà.

Aevum/ aetas, pontus/mare, gladius/ensis, ignis/focus: sono soltanto alcune delle forme linguistiche aventi lo stesso significato ma differenti rispetto al registro linguistico.

E la bellezza del latino la si può riportare alla luce compiendo un’opera di scavo che tolga alle parole italiane quella coltre di polvere che si è depositata col tempo. Chi non prova un brivido o un po’ di commozione nel sapere che la parola desiderio proviene da desiderantes, cioè il termine con il quale si indicavano i soldati che sotto un cielo stellato attendevano il ritorno dei compagni dal campo di battaglia?

Studiare il latino per riscoprire nuove forme di approccio alla realtà, per vivisezionarla nelle sue prospettive più recondite, per cogliere aspetti inediti come dimostrano Catullo, Lucrezio e Ovidio quando trattano il tema amoroso.

E se è vero che non bisogna aver paura di essere ridicoli nello scrivere delle lettere d’amore, come ricorda Vecchioni, forse si può essere ancora più tranquilli sapendo che qualcuno prima di noi lo ha fatto con naturalezza, definendo una delle componenti primarie della vita umana in tutte le sue gradazioni fisiche e psicologiche. Ma dai classici provengono anche le parolacce e il turpiloquio in generale, la cui funzione è spesso quella di dar voce a forme di protesta sociale o di critica nei confronti di una società che ha smarrito il rigore dei costumi. Una vera e propria concretezza quella del latino che emerge sia nella centralità dell’idea di tempo sia nel primato concettuale della politica e del concetto di stato, denominato con la parola res.

Che l’attenzione alla politica sia insita nel lessico latino lo si deduce dal rapporto che intercorre tra la parola liber, “libro”, e l’aggettivo liber, “libero”. Fuor d’ogni vana retorica: la cultura e la conoscenza di una lingua che ha caratterizzato la storia dell’Europa per secoli ci rendono liberi e ci mettono in grado di recepire criticamente e autenticamente la realtà. Se i classici sono quei libri che non hanno mai finito di dire quel che hanno da dire, come ricordava Calvino negli anni ’80, forse quelli latini hanno una marcia in più grazie alla loro innata concretezza e alla loro facoltà di dare sfogo all’immaginazione e a quelle “fantasie sostitutive” che rinnovano il rapporto tra mente e mondo.

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